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Aperta in Consiglio regionale mostra Livio Rosignano

19.04.2010
15:07
(ACON) Trieste, 19 apr - DT - "Finestre su una realtà antropologica, esistenziale e letteraria che è il nostro patrimonio profondo. Poche volte un artista ha così bene e sottilmente espresso la complessa realtà in cui è maturato; e tu lo fai in perfetta sintonia con i nostri grandi, Slataper, Svevo, Saba, Quarantotti Gambini". La scrittura, veloce, a mano, è quella di Tullio Kezich, ammiratore nemmeno tanto segreto di Livio Rosignano, decano della pittura triestina che fino al 28 maggio esporrà i suoi "Racconti a colori" nel palazzo del Consiglio regionale, a Trieste.

Sessantadue opere (anche inedite), in gran parte di vita quotidiana: in osteria, al banco di mescita, nelle case (il pensionato sul davanzale, la pulitrice alle prese con i vetri, la signora allo specchio in sottoveste e ciabatte), la ragazza davanti alla vetrina, l'anziana con il fazzoletto in testa e suoi bagagli accanto, piuttosto che al Caffé San Marco, o in ospizio, una passeggiata e uno sguardo al mare, un salto oltre la pozzanghera sul molo delle Rive. E poi il lavoro, con gli operai, i disoccupati in attesa come lo è una prostituta all'angolo di una via. Strade grigie, di periferia, strade con gli attrezzi per terra in disordine, fino agli oli - "Memorie di Dachau" - dedicati non agli uomini bensì alle larve dei campi di concentramento. Come lui, Rosignano, prigioniero del lager tedesco. E, infine, i nudi, e le tele dedicate alla Bora, alla natura e alla luce, come "Autunno", "L'inverno", "Al mattino", "Dalla finestra", i paesaggi della Val Rosandra, del Carso. Composizioni che non si ripetono mai, che potrebbero continuare all'infinito senza stancare, sequenze documentaristiche apparentemente distratte, in realtà scarnificate sino a cogliere il carattere grottesco, essenziale, del personaggio dipinto. Meno tumultuose invece, quasi liriche, quando il pennello disegna un rasserenante paesaggio.

"Molte opere della mostra - scrive nell'introduzione al catalogo il presidente del Consiglio del Friuli Venezia Giulia Edouard Ballaman - raccontano in modo più o meno esplicito un mondo di dolore e sofferenza; altre rivelano la profonda umanità dell'artista; altre ancora testimoniano il suo legame con Trieste, che non è difficile riconoscere nei suoi quadri e che viene spontaneo amare".

Una città in cui il maestro, autodidatta studente del Nautico, vuole tornare per nostalgia dopo aver assaggiato la Milano degli anni '50 e '60. Qui, nella nebbiosa città dei navigli ma anche fervida capitale culturale, Rosignano lascia la tavolozza espressionistica del suo effervescente esordio per riabbracciare la familiare atmosfera di una città di frontiera, altrettanto ricca di fermenti, seppur diversi. Per temprare, anche, la nuova ispirazione nel saliscendi delle sue strade, nella consuetudine dei suoi caffè, nella meditazione delle lunghe passeggiate sul Carso.

Istriano di Pinguente, classe 1924, Rosignano è a dir poco eclettico: ritrattista, esegue i nudi dopo aver frequentato i corsi di disegno di Edgardo Sambo, mentre grazie a Carlo Sbisà si impossessa della tecnica dell'incisione (e dell'acquaforte soprattutto). Illustra libri e riviste, recensisce mostre, collabora con il Piccolo negli anni Settanta e Ottanta. Partecipa dalla Biennale di Milano alla Quadriennale di Roma, con personali a Milano, Venezia, Genova, Bologna, all'Istituto di cultura di Bruxelles, a Bucarest, Monaco di Baviera, New York, in Austria e in Jugoslavia, con antologiche a Gorizia, Trieste (memorabile quella del 1995 al museo Revoltella), a Udine.

"Un inciampo imprevisto per la strada, una sosta estenuante allo sportello di un ufficio, non mi infastidiscono più di tanto, annota il maestro. Resto là in tranquilla attesa, e intanto osservo l'infinito spettacolo della gente indaffarata, lieta, nevrotica, triste, intuisco i loro problemi. E mi pare di poter perforare l'intimità più profonda di un individuo. E non è bugia se affermo che i pittori vivono principalmente con gli occhi e non smettono mai di lavorare. Da quarant'anni sento dire che la pittura è morta, aggiunge, ma non credo sia così: accanto a tanta arte concettuale, alla Pop Art, agli assemblaggi, alla Business Art, alle mille provocazioni, rispunta la pittura che non ha mai rotto con la tradizione. Piuttosto la rinnova".

La mostra, organizzata dal Consiglio regionale in collaborazione con il CE-Centro culturale di Trieste, rimarrà aperta fino al 28 maggio dal lunedì al giovedì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.00, il venerdì dalle 9.30 alle 13.00.

(foto, immagini tv)