Aperta in Consiglio regionale mostra Livio Rosignano
(ACON) Trieste, 19 apr - DT - "Finestre su una realtà
antropologica, esistenziale e letteraria che è il nostro
patrimonio profondo. Poche volte un artista ha così bene e
sottilmente espresso la complessa realtà in cui è maturato; e tu
lo fai in perfetta sintonia con i nostri grandi, Slataper, Svevo,
Saba, Quarantotti Gambini". La scrittura, veloce, a mano, è
quella di Tullio Kezich, ammiratore nemmeno tanto segreto di
Livio Rosignano, decano della pittura triestina che fino al 28
maggio esporrà i suoi "Racconti a colori" nel palazzo del
Consiglio regionale, a Trieste.
Sessantadue opere (anche inedite), in gran parte di vita
quotidiana: in osteria, al banco di mescita, nelle case (il
pensionato sul davanzale, la pulitrice alle prese con i vetri, la
signora allo specchio in sottoveste e ciabatte), la ragazza
davanti alla vetrina, l'anziana con il fazzoletto in testa e suoi
bagagli accanto, piuttosto che al Caffé San Marco, o in ospizio,
una passeggiata e uno sguardo al mare, un salto oltre la
pozzanghera sul molo delle Rive. E poi il lavoro, con gli operai,
i disoccupati in attesa come lo è una prostituta all'angolo di
una via. Strade grigie, di periferia, strade con gli attrezzi per
terra in disordine, fino agli oli - "Memorie di Dachau" -
dedicati non agli uomini bensì alle larve dei campi di
concentramento. Come lui, Rosignano, prigioniero del lager
tedesco. E, infine, i nudi, e le tele dedicate alla Bora, alla
natura e alla luce, come "Autunno", "L'inverno", "Al mattino",
"Dalla finestra", i paesaggi della Val Rosandra, del Carso.
Composizioni che non si ripetono mai, che potrebbero continuare
all'infinito senza stancare, sequenze documentaristiche
apparentemente distratte, in realtà scarnificate sino a cogliere
il carattere grottesco, essenziale, del personaggio dipinto. Meno
tumultuose invece, quasi liriche, quando il pennello disegna un
rasserenante paesaggio.
"Molte opere della mostra - scrive nell'introduzione al catalogo
il presidente del Consiglio del Friuli Venezia Giulia Edouard
Ballaman - raccontano in modo più o meno esplicito un mondo di
dolore e sofferenza; altre rivelano la profonda umanità
dell'artista; altre ancora testimoniano il suo legame con
Trieste, che non è difficile riconoscere nei suoi quadri e che
viene spontaneo amare".
Una città in cui il maestro, autodidatta studente del Nautico,
vuole tornare per nostalgia dopo aver assaggiato la Milano degli
anni '50 e '60. Qui, nella nebbiosa città dei navigli ma anche
fervida capitale culturale, Rosignano lascia la tavolozza
espressionistica del suo effervescente esordio per riabbracciare
la familiare atmosfera di una città di frontiera, altrettanto
ricca di fermenti, seppur diversi. Per temprare, anche, la nuova
ispirazione nel saliscendi delle sue strade, nella consuetudine
dei suoi caffè, nella meditazione delle lunghe passeggiate sul
Carso.
Istriano di Pinguente, classe 1924, Rosignano è a dir poco
eclettico: ritrattista, esegue i nudi dopo aver frequentato i
corsi di disegno di Edgardo Sambo, mentre grazie a Carlo Sbisà si
impossessa della tecnica dell'incisione (e dell'acquaforte
soprattutto). Illustra libri e riviste, recensisce mostre,
collabora con il Piccolo negli anni Settanta e Ottanta. Partecipa
dalla Biennale di Milano alla Quadriennale di Roma, con personali
a Milano, Venezia, Genova, Bologna, all'Istituto di cultura di
Bruxelles, a Bucarest, Monaco di Baviera, New York, in Austria e
in Jugoslavia, con antologiche a Gorizia, Trieste (memorabile
quella del 1995 al museo Revoltella), a Udine.
"Un inciampo imprevisto per la strada, una sosta estenuante allo
sportello di un ufficio, non mi infastidiscono più di tanto,
annota il maestro. Resto là in tranquilla attesa, e intanto
osservo l'infinito spettacolo della gente indaffarata, lieta,
nevrotica, triste, intuisco i loro problemi. E mi pare di poter
perforare l'intimità più profonda di un individuo. E non è bugia
se affermo che i pittori vivono principalmente con gli occhi e
non smettono mai di lavorare. Da quarant'anni sento dire che la
pittura è morta, aggiunge, ma non credo sia così: accanto a tanta
arte concettuale, alla Pop Art, agli assemblaggi, alla Business
Art, alle mille provocazioni, rispunta la pittura che non ha mai
rotto con la tradizione. Piuttosto la rinnova".
La mostra, organizzata dal Consiglio regionale in collaborazione
con il CE-Centro culturale di Trieste, rimarrà aperta fino al 28
maggio dal lunedì al giovedì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30
alle 17.00, il venerdì dalle 9.30 alle 13.00.
(foto, immagini tv)