News


PD: Menis, urgente un Piano regionale d'emergenza migranti

11.08.2011
12:17
(ACON) Trieste, 11 ago - COM/RC - Ormai sono quasi 400 gli stranieri giunti da Lampedusa e inseriti nel Piano per l'accoglienza dei migranti varato dal Governo nell'aprile scorso e affidato alla Protezione civile, perciò - fa presente Paolo Menis, consigliere regionale del PD - sarebbe opportuno che la Regione varasse quanto prima un Piano d'emergenza coinvolgendo le associazioni territoriali per coordinare gli interventi.

Oltre al semplice vitto e alloggio e all'assistenza sanitaria, cui questi migranti hanno diritto in base all'articolo 20 del Testo unico sull'immigrazione, per Menis bisogna agire quanto prima per organizzare altre attività di assistenza, istruzione e soprattutto promozione di quelle socialmente utili a cui le persone si sono dette disponibili.

Finora - così ancora il consigliere del PD - l'assessore Luca Ciriani ha cercato di delegare ai sindaci questo compito, che invece potrebbe essere preso in carico meglio dalle associazioni specializzate che operano da anni sul territorio, utilizzando il modello del "Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati" (SPRAR), attivo in Friuli Venezia Giulia dal 2001 e ha già dato prova di ottimi risultati.

Per questo motivo, in sede di legge sull'assestamento di bilancio, Menis aveva presentato all'Aula un emendamento chiedendo l'attivazione di un Fondo straordinario per l'emergenza immigrazione, che con un impegno finanziario di 30.000 euro avrebbe potuto sostenere le spese logistiche e organizzative dei primi interventi. Il Fondo avrebbe dovuto prevedere la presentazione di progetti solo da parte di enti qualificati (Caritas, i Consorzi di solidarietà o le associazioni di provata esperienza nel settore) a cui affidare il coordinamento delle iniziative.

Oltre alla prima accoglienza, con questa regia si sarebbero potuti attivare progetti di alfabetizzazione per i più piccoli, approfondimento della lingua italiana e dei diritti/doveri di cittadinanza, prevenzione sanitaria, ma anche avvio di percorsi di formazione e riqualificazione professionale, il supporto all'integrazione lavorativa, i servizi di accompagnamento all'integrazione abitativa. Insomma, un modello di accoglienza a 360 gradi, non assistenziale ma di integrazione attiva, sollevando da questo compito gli amministratori locali.