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PD: Lupieri, a Trieste manca ambulatorio per osteoporosi

20.09.2011
16:46
(ACON) Trieste, 20 set - COM/AB - A Trieste, ogni anno, avvengono 500 fratture di femore, la maggior parte su base spontanea o secondaria a traumi minimali o a bassa energia. Bisogna parlare quindi di una patologia sociale che merita maggiore considerazione da parte della sanità pubblica, che a Trieste vede presente solo l'ambulatorio della Clinica ortopedica a Cattinara.

A metterlo in evidenza è Sergio Lupieri, consigliere regionale del PD e vicepresidente III Commissione sanità.

Considerate le 110.000 donne presenti a Trieste, in gran parte di età avanzata, vi è la necessità di un ambulatorio che si occupi delle patologie metaboliche dell'osso e dell'osteoporosi, non banali e di routine, e che soprattutto porti a un inquadramento diagnostico terapeutico necessario specie per malattie quali l'iperparatiroidismo, il morbo di Paget, l'osteoporosi severa spesso secondaria a misconosciute patologie.

Le fratture da fragilità conseguenti a osteoporosi - così ancora Lupieri - sono causa di dolore e disabilità e spesso hanno un impatto severo sulla qualità della vita delle donne. Ogni anno in Italia, Francia, Germania, Svezia, Regno Unito e Spagna si spendono 31 miliardi di euro per trattare le fratture da osteoporosi. Quelle dell'anca contribuiscono al 56% del totale dei costi, quelle vertebrali al 5%, quelle del polso al 2%, mentre un gruppo combinato di altre fratture rappresenta il 37% del totale. Il Paese che sostiene i costi maggiori è la Germania, con 9,4 miliardi di euro, seguita dall'Italia con 6,7 miliardi. La maggior parte dei costi viene affrontata nel corso del primo anno successivo alla frattura mentre, al contrario, i costi di prevenzione e trattamento farmacologico costituiscono una parte marginale del costo totale.

In momenti di risorse calanti per i sistemi sanitari - conclude Lupieri - è doveroso considerare anche l'enorme costo associato alle fratture da fragilità per cui, a partire dal livello regionale, bisogna implementare la prevenzione con precoce valutazione del rischio e l'identificazione delle pazienti più esposte e da trattare farmacologicamente. Bisogna quindi attivare sul territorio iniziative culturali sanitarie incentrate sull'ambulatorio per osso, creando nei distretti ambulatori dedicati. Non si tratta di un problema finanziario ma amministrativo burocratico, che va affrontato dal pubblico quanto prima per non lasciare le donne sole nel momento del bisogno.