PD: Lupieri, a Trieste manca ambulatorio per osteoporosi
(ACON) Trieste, 20 set - COM/AB - A Trieste, ogni anno,
avvengono 500 fratture di femore, la maggior parte su base
spontanea o secondaria a traumi minimali o a bassa energia.
Bisogna parlare quindi di una patologia sociale che merita
maggiore considerazione da parte della sanità pubblica, che a
Trieste vede presente solo l'ambulatorio della Clinica ortopedica
a Cattinara.
A metterlo in evidenza è Sergio Lupieri, consigliere regionale
del PD e vicepresidente III Commissione sanità.
Considerate le 110.000 donne presenti a Trieste, in gran parte di
età avanzata, vi è la necessità di un ambulatorio che si occupi
delle patologie metaboliche dell'osso e dell'osteoporosi, non
banali e di routine, e che soprattutto porti a un inquadramento
diagnostico terapeutico necessario specie per malattie quali
l'iperparatiroidismo, il morbo di Paget, l'osteoporosi severa
spesso secondaria a misconosciute patologie.
Le fratture da fragilità conseguenti a osteoporosi - così ancora
Lupieri - sono causa di dolore e disabilità e spesso hanno un
impatto severo sulla qualità della vita delle donne. Ogni anno in
Italia, Francia, Germania, Svezia, Regno Unito e Spagna si
spendono 31 miliardi di euro per trattare le fratture da
osteoporosi. Quelle dell'anca contribuiscono al 56% del totale
dei costi, quelle vertebrali al 5%, quelle del polso al 2%,
mentre un gruppo combinato di altre fratture rappresenta il 37%
del totale. Il Paese che sostiene i costi maggiori è la Germania,
con 9,4 miliardi di euro, seguita dall'Italia con 6,7 miliardi.
La maggior parte dei costi viene affrontata nel corso del primo
anno successivo alla frattura mentre, al contrario, i costi di
prevenzione e trattamento farmacologico costituiscono una parte
marginale del costo totale.
In momenti di risorse calanti per i sistemi sanitari - conclude
Lupieri - è doveroso considerare anche l'enorme costo associato
alle fratture da fragilità per cui, a partire dal livello
regionale, bisogna implementare la prevenzione con precoce
valutazione del rischio e l'identificazione delle pazienti più
esposte e da trattare farmacologicamente. Bisogna quindi attivare
sul territorio iniziative culturali sanitarie incentrate
sull'ambulatorio per osso, creando nei distretti ambulatori
dedicati. Non si tratta di un problema finanziario ma
amministrativo burocratico, che va affrontato dal pubblico quanto
prima per non lasciare le donne sole nel momento del bisogno.