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V Comm: illustrata pdl nazionale per Fondo Trieste

14.02.2013
13:17
(ACON) Trieste, 14 feb - RC - Il Fondo per Trieste, previsto dall'articolo n. 70 dello Statuto di autonomia della nostra Regione, oggi è ormai è un contenitore vuoto.

Parte da questa considerazione, per proseguire con storiche riflessioni sulla situazione triestina del dopoguerra, la lunga e puntuale spiegazione di Bruno Marini (Pdl) alla V Commissione consiliare, a giustificazione della sua proposta di legge nazionale presentata per poter modificare detto articolo statutario.

L'Articolo 70, tra l'altro, afferma:"Il fondo destinato per l'esercizio 1962-63 alle esigenze del territorio di Trieste, dedotto l'ammontare della spesa sostenuta annualmente per il personale assunto dal Governo militare alleato, in relazione alla legge 22 dicembre 1960, n. 1600, è consolidato per dieci esercizi a decorrere dal 1962-63.

"Il Commissario del Governo nella Regione ripartisce i fondi di sua competenza, su parere conforme di una Commissione composta del sindaco di Trieste, del presidente della Provincia di Trieste e di cinque consiglieri regionali eletti nella circoscrizione di Trieste e nominati dal Consiglio regionale con voto limitato."

Le modifiche suggerite da Marini fanno riscrivere l'articolo prevedendo "presso il Commissariato generale del Governo per il territorio di Trieste una Commissione con funzioni di indirizzo e coordinamento degli interventi in materia economico-sociale rivolti al territorio di Trieste da parte dell'Unione europea, dello Stato italiano e della Regione Friuli Venezia Giulia.

"La Commissione è composta dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, dal sindaco di Trieste, dal presidente della Provincia di Trieste, da tre consiglieri regionali eletti nella circoscrizione di Trieste e nominati dal Consiglio regionale con voto limitato; dal presidente dalla Camera di commercio di Trieste e dal presidente dell'Autorità portuale di Trieste".

Le novità sono, dunque, non più 5 ma 3 consiglieri regionali, però la presenza dei presidenti di Camera di commercio e di Autorità portuale di Trieste.

Quanto alle ragioni che portarono a istituire un Fondo specifico per la città, Marini ha menzionato il ruolo di Trieste, la sua storia drammatica e la grave situazione in cui si venne a trovare nel complicato contesto geopolitico internazionale negli anni in cui a Roma si votava la Costituente: colpita duramente dai numerosi bombardamenti che ne compromisero il tessuto industriale e produttivo; piegata moralmente dall'occupazione nazista e da quella titina; contesa da un blocco politico, geografico, etnico e culturale che avrebbe voluto strapparla alla madre patria; occupata per quasi dieci anni dagli angloamericani; mutilata da iniqui accordi diplomatici del suo prezioso entroterra economico, ma soprattutto storico e culturale, che ne faceva la capitale di una regione istro-veneta di quasi mezzo milione di abitanti; sfigurata dal più grande esodo di popolo che la storia del nostro Paese ricordi.

Spiace - ha proseguito il consigliere - che oggi alcuni non riconoscano a Trieste, e alla sua storia drammatica, alcun ruolo in merito all'assegnazione della specialità alla Regione. Piuttosto si citano, a titolo di valori da tutelare, il confine, la multietnicità, il plurilinguismo, come se Trieste con le sue lacerazioni dovute proprio a quel confine, a quella multietnicità e al quel plurilinguismo, non fosse che un incidente di percorso.

Invece allora apparve subito chiaro che Trieste meritava un trattamento speciale, soprattutto in merito agli strumenti economico-finanziari necessari alla sua ricostruzione. Ecco che con i soldi stanziati dal 1955 al 2002 (che se riportai a valori odierni fanno parlare di 6.200 miliardi di lire), Bruno Marini fa sapere che si costruisce per intero Borgo San Sergio, nascono case da Opicina a Muggia, si edificano 12 scuole elementari, le sedi dei licei Petrarca e Volta, la centrale termica e la Casa dello studente dell'Università, si amplia il Municipio con il palazzone per uffici di largo Granatieri, si restaura il Museo Revoltella, sorgono 6 nuove chiese, avviene il completo restauro della Curia in via Cavana, si fanno dragaggi e pontili per le petroliere che riforniscono l'oleodotto, soldi vengono assegnati per ampliare il Molo VII, per fare il porticciolo di Grignano e la scogliera alla pineta di Barcola, per l'autostrada Lisert-Sistiana e la rotatoria al quadrivio di Opicina. Per la Grandi motori, alla fine degli anni '60, 4,5 miliardi, altri soldi per la scuola-albergo Enalc alle Ginestre, per la foresteria del Centro di fisica, lo stabilimento Sirena a Grignano, 13 miliardi per enti e istituzioni assistenziali. Provincia e Comune, tra il '55 e il '67, ricevono rispettivamente 6,6 miliardi e 20,5 miliardi.

Dagli anni '70 in poi il Fondo da annuale diventa stabile a 9,7 miliardi di lire. Nel 1980, viene innalzato a 30 miliardi, che diventano 45 nell'86, 50 l'anno dopo, 59 nell'88, 60 dall'89 al 1996, e che poi fino al 2002 oscilla tra 45 e 65. Il porto di Trieste riceve, dall'80 al '97, quasi 147 miliardi e ogni anno 650 milioni per incrementare la movimentazione delle merci; 66 miliardi vanno all'Ezit, si restaura il teatro Verdi, si fanno il parcheggio del Silos e il Palatrieste, senza dire di 12 miliardi in due anni per l'Area di ricerca, 6,8 miliardi per l'Itis, 9 miliardi per l'Ogs, 5 per l'Osservatorio astronomico, 27 ancora per l'Università e 9 per il Collegio del mondo unito di Duino.

Ed è con questi dati che il consigliere risponde alle accuse di gestione parcellizzata della dotazione del Fondo, nonchè a quelle di clientelismo. Sull'altro piatto della bilancia mette, invece, i dettagli tecnici delle modalità allora previste per la ripartizione de soldi per sottolinearne insieme l'estrema semplicità organizzativa e l'efficacia operativa che proprio da essa deriva. Proprio a questa buona prassi di tecnica legislativa - ha così concluso Marini - fatta di efficace capacità semplificativa, mi sono voluto ispirare quando ho strutturato la modifica legislativa dello Statuto, cercando di mantenerne intatta tutta la sua semplicità.

Antonio Pedicini (Pdl) ha, quindi, fatto presente al collega e alla Commissione la necessità di far approvare all'Aula la legge nazionale dopo che si sarà insediato il nuovo Parlamento, pena la sua decadenza come tutti i provvedimenti non approvati a fine legislatura.

(immagini tv)