V Comm: illustrata pdl nazionale per Fondo Trieste
(ACON) Trieste, 14 feb - RC - Il Fondo per Trieste, previsto
dall'articolo n. 70 dello Statuto di autonomia della nostra
Regione, oggi è ormai è un contenitore vuoto.
Parte da questa considerazione, per proseguire con storiche
riflessioni sulla situazione triestina del dopoguerra, la lunga e
puntuale spiegazione di Bruno Marini (Pdl) alla V Commissione
consiliare, a giustificazione della sua proposta di legge
nazionale presentata per poter modificare detto articolo
statutario.
L'Articolo 70, tra l'altro, afferma:"Il fondo destinato per
l'esercizio 1962-63 alle esigenze del territorio di Trieste,
dedotto l'ammontare della spesa sostenuta annualmente per il
personale assunto dal Governo militare alleato, in relazione alla
legge 22 dicembre 1960, n. 1600, è consolidato per dieci esercizi
a decorrere dal 1962-63.
"Il Commissario del Governo nella Regione ripartisce i fondi di
sua competenza, su parere conforme di una Commissione composta
del sindaco di Trieste, del presidente della Provincia di Trieste
e di cinque consiglieri regionali eletti nella circoscrizione di
Trieste e nominati dal Consiglio regionale con voto limitato."
Le modifiche suggerite da Marini fanno riscrivere l'articolo
prevedendo "presso il Commissariato generale del Governo per il
territorio di Trieste una Commissione con funzioni di indirizzo e
coordinamento degli interventi in materia economico-sociale
rivolti al territorio di Trieste da parte dell'Unione europea,
dello Stato italiano e della Regione Friuli Venezia Giulia.
"La Commissione è composta dal presidente della Regione Friuli
Venezia Giulia, dal sindaco di Trieste, dal presidente della
Provincia di Trieste, da tre consiglieri regionali eletti nella
circoscrizione di Trieste e nominati dal Consiglio regionale con
voto limitato; dal presidente dalla Camera di commercio di
Trieste e dal presidente dell'Autorità portuale di Trieste".
Le novità sono, dunque, non più 5 ma 3 consiglieri regionali,
però la presenza dei presidenti di Camera di commercio e di
Autorità portuale di Trieste.
Quanto alle ragioni che portarono a istituire un Fondo specifico
per la città, Marini ha menzionato il ruolo di Trieste, la sua
storia drammatica e la grave situazione in cui si venne a trovare
nel complicato contesto geopolitico internazionale negli anni in
cui a Roma si votava la Costituente: colpita duramente dai
numerosi bombardamenti che ne compromisero il tessuto industriale
e produttivo; piegata moralmente dall'occupazione nazista e da
quella titina; contesa da un blocco politico, geografico, etnico
e culturale che avrebbe voluto strapparla alla madre patria;
occupata per quasi dieci anni dagli angloamericani; mutilata da
iniqui accordi diplomatici del suo prezioso entroterra economico,
ma soprattutto storico e culturale, che ne faceva la capitale di
una regione istro-veneta di quasi mezzo milione di abitanti;
sfigurata dal più grande esodo di popolo che la storia del nostro
Paese ricordi.
Spiace - ha proseguito il consigliere - che oggi alcuni non
riconoscano a Trieste, e alla sua storia drammatica, alcun ruolo
in merito all'assegnazione della specialità alla Regione.
Piuttosto si citano, a titolo di valori da tutelare, il confine,
la multietnicità, il plurilinguismo, come se Trieste con le sue
lacerazioni dovute proprio a quel confine, a quella multietnicità
e al quel plurilinguismo, non fosse che un incidente di percorso.
Invece allora apparve subito chiaro che Trieste meritava un
trattamento speciale, soprattutto in merito agli strumenti
economico-finanziari necessari alla sua ricostruzione. Ecco che
con i soldi stanziati dal 1955 al 2002 (che se riportai a valori
odierni fanno parlare di 6.200 miliardi di lire), Bruno Marini fa
sapere che si costruisce per intero Borgo San Sergio, nascono
case da Opicina a Muggia, si edificano 12 scuole elementari, le
sedi dei licei Petrarca e Volta, la centrale termica e la Casa
dello studente dell'Università, si amplia il Municipio con il
palazzone per uffici di largo Granatieri, si restaura il Museo
Revoltella, sorgono 6 nuove chiese, avviene il completo restauro
della Curia in via Cavana, si fanno dragaggi e pontili per le
petroliere che riforniscono l'oleodotto, soldi vengono assegnati
per ampliare il Molo VII, per fare il porticciolo di Grignano e
la scogliera alla pineta di Barcola, per l'autostrada
Lisert-Sistiana e la rotatoria al quadrivio di Opicina. Per la
Grandi motori, alla fine degli anni '60, 4,5 miliardi, altri
soldi per la scuola-albergo Enalc alle Ginestre, per la
foresteria del Centro di fisica, lo stabilimento Sirena a
Grignano, 13 miliardi per enti e istituzioni assistenziali.
Provincia e Comune, tra il '55 e il '67, ricevono rispettivamente
6,6 miliardi e 20,5 miliardi.
Dagli anni '70 in poi il Fondo da annuale diventa stabile a 9,7
miliardi di lire. Nel 1980, viene innalzato a 30 miliardi, che
diventano 45 nell'86, 50 l'anno dopo, 59 nell'88, 60 dall'89 al
1996, e che poi fino al 2002 oscilla tra 45 e 65. Il porto di
Trieste riceve, dall'80 al '97, quasi 147 miliardi e ogni anno
650 milioni per incrementare la movimentazione delle merci; 66
miliardi vanno all'Ezit, si restaura il teatro Verdi, si fanno il
parcheggio del Silos e il Palatrieste, senza dire di 12 miliardi
in due anni per l'Area di ricerca, 6,8 miliardi per l'Itis, 9
miliardi per l'Ogs, 5 per l'Osservatorio astronomico, 27 ancora
per l'Università e 9 per il Collegio del mondo unito di Duino.
Ed è con questi dati che il consigliere risponde alle accuse di
gestione parcellizzata della dotazione del Fondo, nonchè a quelle
di clientelismo. Sull'altro piatto della bilancia mette, invece,
i dettagli tecnici delle modalità allora previste per la
ripartizione de soldi per sottolinearne insieme l'estrema
semplicità organizzativa e l'efficacia operativa che proprio da
essa deriva. Proprio a questa buona prassi di tecnica legislativa
- ha così concluso Marini - fatta di efficace capacità
semplificativa, mi sono voluto ispirare quando ho strutturato la
modifica legislativa dello Statuto, cercando di mantenerne
intatta tutta la sua semplicità.
Antonio Pedicini (Pdl) ha, quindi, fatto presente al collega e
alla Commissione la necessità di far approvare all'Aula la legge
nazionale dopo che si sarà insediato il nuovo Parlamento, pena la
sua decadenza come tutti i provvedimenti non approvati a fine
legislatura.
(immagini tv)