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Pdl: Novelli, sul CIE di Gradisca basta strumentalizzazioni

09.10.2013
13:27
(ACON) Trieste, 9 ott - COM/AB - "Basta con le strumentalizzazioni: sul CIE di Gradisca è necessario fare chiarezza e precisare qual è la reale situazione all'interno della struttura, sia dei trattenuti che delle Forze dell'Ordine che ci lavorano".

Ad affermarlo è il consigliere regionale del Pdl Roberto Novelli, che ha tenuto una conferenza stampa sul tema insieme al segretario provinciale del SIULP (Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia) di Gorizia Giovanni Sammito ed al segretario provinciale del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) di Gorizia Angelo Obit.

"Ringrazio fin da subito la Questura, la Prefettura e i sindacati delle Forze dell'ordine - ha rilevato Novelli - che mi hanno fornito i dati sul CIE di Gradisca e che hanno voluto partecipare alla conferenza stampa. Una conferenza stampa, dove si è voluto portare anche la testimonianza di chi al CIE di Gradisca ci lavora e opera".

"Innanzitutto va chiarito che i CIE non vanno confusi con i CARA, dove arrivano gli immigrati che chiedono asilo politico nel nostro Paese. Nel CIE di Gradisca, infatti, il 98% dei trattenuti sono persone con precedenti penali e in attesa di essere espulse dall'Italia. Sono queste le persone che poi creano disordini all'interno della struttura, alimentando un clima inospitale e cercando di fare passare il messaggio che si tratta di veri e propri lager".

"Questo è falso - ha proseguito l'esponente del Pdl - com'è falso che vi sono stati eccessi da parte delle Forze dell'ordine. Anzi, il numero di agenti all'interno della struttura è talmente basso che gli stessi vanno incontro a possibili pericoli per la loro incolumità e togliendo anche fondamentali risorse al territorio".

"È bene ribadire che l'immigrazione ha un costo notevole: sembra che lo scorso anno l'Italia abbia speso 1,6 miliardi per fermare il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Una cifra e un'emergenza (come si è visto con la gravissima tragedia di Lampedusa) che, è evidente, non possiamo fronteggiare da soli. È necessaria una risposta dall'Europa, ma anche una maggiore collaborazione da parte dei Paesi di provenienza degli immigrati, che il più della volte rimandano il riconoscimento e il conseguente rimpatrio".