50° Consiglio regionale: presidente Corte costituzionale (6)
(ACON) Trieste, 26 mag - AB - A chiudere la seduta celebrativa,
la lectio magistralis del presidente della Corte costituzionale
Gaetano Silvestri, che ha sviluppato il tema dell'autonomia
speciale come risorsa costituzionale da valorizzare.
Quando si discute di riforme costituzionali - ha affermato - è
molto difficile trovare il giusto mezzo che si ispiri alla
commistione continua di esigenze di coerenza sistematica e
necessità di affrontare in modo efficace situazioni particolari.
E proprio questa difficoltà induce molti a rifugiarsi nella mera
esercitazione accademica o nel pragmatismo del giorno per giorno.
Silvestri ha quindi ripercorso la storia della nostra Regione,
ricordando come il primo periodo della sua vita sembri essere
contrassegnato da una prassi abbastanza coerente al modello
statutario e che la specialità del Friuli Venezia Giulia abbia
giovato allo sviluppo dell'autonomia, al punto da far percepire
ai cittadini un saldo positivo, pur nelle difficoltà e
contraddizioni che affliggevano questa regione.
Ma vent'anni dopo, a un convegno sulle autonomie speciali, emerse
una dannosa "filosofia dell'emarginazione" oscillante in modo
ambiguo tra la lamentosa protesta e un orgoglioso senso di
separatezza. Un atteggiamento abbastanza diffuso tra le Regioni a
Statuto speciale, che vedevano ogni giorno decadere i titoli
della loro antica nobiltà in un presente "ordinario", poco
rispettoso del loro lignaggio.
La stessa specialità era apparsa, nei primi decenni di storia
repubblicana, fonte di isolamento delle singole Regioni ad
autonomia differenziata, che si trovavano a dover affrontare in
solitudine il confronto con uno Stato sempre centralista, sia
nelle componenti politiche che in quelle burocratiche. Si fece
quindi strada l'esigenza di costruire un "diritto comune delle
Regioni speciali", che fornisse un tessuto connettivo unitario,
all'interno del quale si potessero, con maggiore efficacia e
capacità di resistenza, esplicare le peculiarità irripetibili dei
territori e delle rispettive comunità.
Nel periodo successivo, indicato come l'orizzonte di una nuova
specialità, sono state fatte molte riflessioni, sono state
emanate molte leggi, il Titolo V della Parte seconda della
Costituzione è stato profondamente modificato, gli stessi Statuti
speciali hanno subito rilevanti modifiche, ma i problemi degli
anni '80 sono rimasti aperti.
La riforma del 2001 - ha ricordato il presidente della Consulta -
che ha inciso in modo rilevante sul Titolo V, non è sfuggita a
questa tendenza.
Senza soffermarsi nella ripartizione di competenza per materie,
che presenta aspetti così confusi da costringere la Corte
costituzionale a intervenire con grande fatica per risolvere i
frequenti corti circuiti che si verificano, spesso aggiungendo
ulteriore confusione, Silvestri si è limitato a rilevare la
mancanza nell'ordinamento di strumenti preventivi di composizione
delle divergenze. Quale che sia la sorte delle attuali proposte
di revisione costituzionale, è necessario che nei rapporti tra
Stato e Regioni vi sia in futuro più politica e meno diritto.
Una funzione più incisiva della politica nella prevenzione dei
conflitti tra Stato e Regioni potrebbe trovare un terreno di
privilegiata efficacia nel lavoro delle Commissioni miste
paritetiche. Questi organismi hanno avuto nel corso dei decenni
vita grama, perché costretti a un penoso inseguimento del
trasferimento delle funzioni che il legislatore nazionale operava
nei confronti delle Regioni ordinarie e perché il lavoro fatto,
frutto di un confronto tecnico-politico tra i rappresentanti
dello Stato e della singola Regione speciale, rimane congelato
anche per lunghi periodi o addirittura tacitamente cestinato, non
avendo il Consiglio dei ministri alcun dovere né termine per
prendere in esame le specifiche proposte.
Eppure - ha puntualizzato Silvestri - la Corte costituzionale ha
esplicitamente statuito che i decreti legislativi di attuazione
degli Statuti speciali siano di rango superiore, nel sistema
delle fonti del diritto, alla legge ordinaria. Per trovare una
soluzione al problema si dovrebbe quindi introdurre, con norma di
rango costituzionale, l'obbligo del Consiglio dei ministri di
prendere in esame, in un tempo ragionevole, le proposte delle
Commissioni paritetiche.
Le autonomie speciali - ha quindi affermato - proprio per la loro
peculiarità storica, per la particolare posizione e conformazione
dei territori, per la composizione etnica e linguistica delle
comunità locali, non sono frutto di pura volontà politica o di
accordi conclusi per ragioni contingenti e opportunistiche. Esse
contengono in sé, in modo oggettivo, le ragioni della specialità;
la diversificazione delle forme istituzionali, delle diverse
normative e delle organizzazioni amministrative trova pertanto
giustificazione nelle peculiarità di ciascun territorio e di
ciascuna popolazione.
Se le Regioni speciali e le Province autonome vogliono avere un
futuro, come è giusto che sia - questo il monito del presidente
della Corte costituzionale - è necessario che valorizzino le loro
peculiarità, facendole diventare componenti della ricchezza
culturale e sociale della Nazione. Il carattere fondamentale
della nostra democrazia costituzionale è il pluralismo, che non è
esaltazione a tutti i costi di diversità inventate e proclamate,
ma riflette nell'ambito delle istituzioni una composizione
complessa della società, che non si lascia ridurre a uniformità
razionalisticamente pensate dall'alto, reclama il riconoscimento
dei diritti fondamentali delle comunità e dei gruppi sociali, che
si affiancano e integrano i diritti fondamentali delle persone.
Come per le persone, i diritti fondamentali devono trovare
corrispondenza nei doveri, altrettanto fondamentali, di
solidarietà politica, economica e sociale sanciti dalla
Costituzione.
Specialità - ha concluso Silvestri riprendendo una citazione - fa
rima con solidarietà.
(segue)