NCD-FdI/AN: Colautti e Ciriani, mozione in difesa agroalimentare
(ACON) Trieste, 20 gen - COM/AB - La presidente Serracchiani si
confronti rapidamente con il Governo e, in particolar modo, con i
ministri dell'agricoltura e dello sviluppo affinchè si
intervenga, seppur in ritardo, per evitare i gravi rischi che
ricadranno sul comparto agroalimentare regionale e nazionale dal
regolamento europeo (n. 1169/2011) entrato in vigore lo scorso 11
dicembre, che prevede l'eliminazione dell'obbligo di indicare lo
stabilimento di produzione, con tanto di nazionalità e indirizzo,
introdotto in Italia 23 anni fa (legge 109 del 1992) per tutelare
il Made in Italy e il Made in FVG".
A chiedere un immediato intervento della presidente della Regione
nei confronti del Governo Renzi sono i consiglieri regionali del
Nuovo Centrodestra e di Fratelli d'Italia, Alessandro Colautti e
Luca Ciriani che hanno depositato una mozione.
"Premesso che l'interventismo burocratico-normativo di Bruxelles
rischia di provocare danni per miliardi al settore
agroalimentare, che di recente ha emanano a getto continuo,
regolamenti su ogni sorta di attività economica e commerciale,
non di rado con imposizioni di difficile condivisione come quelle
sulla curvatura dei cetrioli e sulla lunghezza minima delle
zucchine, le ultime disposizioni che impediscono al consumatore
di capire dove è stato prodotta una mozzarella o un formaggio
rischia di mettere in ginocchio anche il nostro comparto
regionale".
"Ciò - commentano Ciriani e Colautti - rappresenta una catastrofe
per migliaia di aziende, anche regionali, resa possibile anche
dall'inerzia totale dei nostri rappresentanti presso l'Unione
europea, europeisti a parole, ma molto distratti nei fatti. La
vicenda è tanto più grave se si guarda alle date: infatti, il
regolamento europeo entrato in vigore l'11 dicembre 2014 risale
al 2011, quando fu approvato in sede Ue, ma da allora nessun
esponente nazionale o regionale di ben quattro governi si è mai
interessato dei suoi contenuti, né delle conseguenze che avrebbe
comportato per un comparto così importante per l'economia
italiana e della nostra regione".
"Gli esperti definiscono "Italian sounding" l'imitazione dei
prodotti tipici del Made in Italy, dal falso parmigiano ai
prosciutti ungheresi spacciati per emiliani doc, e così via; il
fatturato di queste imitazioni (60 miliardi di euro), è destinato
purtroppo a crescere. Grazie all'ultimo regolamento Ue, assai
gradito alle multinazionali del settore food (soprattutto a
quelle del Nord Europa), l'Italian sounding è diventato legale".
"È quindi necessario - concludono Colautti e Ciriani - che la
presidente Serracchiani rappresenti al Governo la necessità di
eliminare gli effetti del dannoso regolamento comunitario,
ripristinando l'obbligo di indicare lo stabilimento di produzione
sui prodotti agroalimentari nell'interesse dei
cittadini/consumatori e a tutela della trasparenza, della
tracciabilità e qualità dei prodotti, in particolare per il Made
in Italy e del Made in FVG, che vengono messi in commercio".