IV Comm: audizione su situazione cinghiali in regione
(ACON) Trieste, 21 dic - RCM - I cinghiali e i gravi danni che
causano all'uomo e all'agricoltura: dietro richiesta della
portavoce del Movimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo, la IV
Commissione consiliare regionale - presidente Vittorino Boem del
Pd - si è ritrovata per discutere le problematiche correlate alla
diffusa presenza di questi mammiferi sul territorio regionale. In
audizione, l'assessore regionale Paolo Panontin, i competenti
assessori provinciali di Gorizia, Trieste e Udine, una
rappresentante dell'Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (Ispra).
Ed è stata proprio di Barbara Franzetti, dell'Ispra,
l'affermazione che il cinghiale non rientra tra le specie
catalogate a livello nazionale come nocive, perciò ci sono più
vincoli per poterlo abbattere. Una soluzione semplice, concessa
dalla legge, potrebbe essere quella di modificare il calendario
aumentando le giornate e posticipando l'orario di chiusura alla
sua caccia di selezione (ovvero senza cani) visto che si tratta
di un animale prevalentemente crepuscolare/notturno.
Per la giurisprudenza - ha detto la Franzetti -, quando si parla
di abbattimento al di fuori dell'azione venatoria, prima i danni
devono essere quantificati e bisogna dimostrare che si è cercato
di limitare gli impatti con azioni ecologiche (ad esempio non
fornire loro cibo, delimitare i terreni con la corrente
elettrica), solo dopo si può intervenire con metodi estremi. Il
personale autorizzato è solo la Polizia provinciale, il Corpo
forestale, il proprietario del fondo, ma non il cacciatore,
perché si parla di azione di controllo, non di azione venatoria,
a meno che non si tratti di Piani di prelievo mirati come avviene
ad esempio in Toscana.
La realtà triestina ha visto interventi a ridosso dell'abitato
urbano in quanto luogo delicato per la sicurezza dell'uomo,
perciò si sono saltati gli aspetti dell'intervento ecologico - ha
aggiunto la Franzetti -, seppure la città abbia fatto delibere
sul non foraggiare gli animali ma creare aree dove convogliarli e
controllarli.
Se la Regione individua aree problematiche dove ritiene che la
presenza della specie debba essere limitatissima, quando non pari
a zero - ha ribadito la portavoce dell'Ispra -, si potrebbe
ampliare il periodo della caccia di selezione, senza cani.
L'assessore Marco Quai della Provincia di Udine ha parlato di
problematiche limitate ad alcune zone e di interventi che
avvengono già da 3 anni attraverso il prelievo spinto con la
caccia di selezione, molto più efficace di quella con il segugio
che, tra l'altro, è limitata al 1 settembre-31 dicembre.
Nel 2013 - ha reso noto - sono stati autorizzati 3.000
abbattimenti, ma i capi abbattuti sono stati solo il 7%. Intanto,
però, non è vero che il maggior numero di incidenti stradali è
causato da questi animali: il record, ovvero il 63%, è del
capriolo, il 24% del cervo, mentre è del 9,5% quello del
cinghiale. Diversamente per quanto riguarda i danni
all'agricoltura: il cinghiale ne è causa per il 51%, il capriolo
per il 9,5%.
Infine, da parte sua una preoccupazione: che in certe zone,
specie della montagna dove l'allevatore si vede particolarmente
danneggiato perché i cinghiali rovinano i pascoli e creano
pericolo per le greggi, si possa arrivare all'utilizzo di esche
avvelenate. La Regione quindi è bene intervenga e per tempo.
Igor Dolenc, assessore della Provincia di Trieste, ha spiegato
che si sono concentrati sui prelievi in deroga, concessi alla
Polizia ambientale territoriale (4 operatori) per il triennio
2014-2016 sulla base di quanto previsto dalla legge nazionale n.
157 del 1992. Ma uno dei problemi è anche il calo del numero dei
cacciatori e la loro età che aumenta, perciò da soli non ce la
fanno a contenere l'emergenza. Altro problema, lo smaltimento dei
capi uccisi: dei 102 abbattuti nel 2015, alcuni vanno al carnaio
di Petra Rossa per la cura dei rapaci, ma molti sono inceneriti,
con uno spreco di carne e costi troppo elevati.
In 8 casi - ha poi reso noto l'assessore - si è intervenuti con
le persone barricate in casa mentre i cinghiali distruggevano i
recinti, invece in altri casi, avvenuti nella città di Trieste,
la polizia si è trovata costretta a utilizzare la pistola sebbene
l'arma corta non sia adatta all'abbattimento di questi animali
perché potrebbero restare solo feriti e diventare ancora più
pericolosi. In pratica - ha detto Dolenc - negli anni si è fatto
un enorme errore di valutazione, si credeva che la caccia di
selezione bastasse, invece non è così e non si è assunto più
personale di Polizia ambientale.
Tra i tentativi di prevenzione, l'assessore ha rammentato la
pulizia dei boschi e dei rovi periurbani per rendere meno
accogliente l'ambiente, ma la risposta dei cittadini è stata
tiepida. Bandi sono poi stati fatti per perimetrale i campi con
il cosiddetto bastone elettrico, ma anche qui i risultati sono
stati scarsi. Ed è stato stampato un opuscolo su che
comportamento tenere verso cinghiali, gabbiani e piccioni in
città. Non da ultimo, sono stati abbattuti esemplari risultati
degli ibridi, incroci tra il maiale tradizionale e il cinghiale,
allevati nei cortili. Mentre la scorsa estate si è tenuta una
riunione con i direttori di riserva di caccia per stimolare lo
sforzo dei cacciatori e fare sinergia.
Mara Cernic, della Provincia di Gorizia, ha spiegato che lì il
problema è concentrato sul Carso montano e in particolare sul
Collio, dove negli ultimi tre anni l'abbattimento è stato di
circa 500 capi all'anno e dove si paga la vicinanza con la
Slovenia, che ha regole sono molto diverse, è un incubatore
enorme di fauna selvatica e non c'è un coordinamento tra FVG e
Lubiana. Ma ciò a cui si punta ormai da 10 anni è aumentare la
prevenzione attraverso il dialogo con il mondo venatorio (a cui
si fanno anche corsi di formazione), il mondo agricolo, gli
ambientalisti e l'opinione pubblica. Si utilizzano gli indennizzi
e i prelievi in deroga, l'acquisto del bastone elettrico per il
Collio da posare al momento della maturazione dell'uva e da
togliere con la vendemmia, mentre la Provincia è contro la rete
elettrica sebbene alcuni agricoltori la mettano privatamente.
Utili - ha spiegato la Cernic - si sono rivelati i
catarifrangenti anti-selvaggina lungo le strade provinciali,
ovvero specchietti che, quando illuminati, riflettono la luce non
verso la strada ma verso il campo così che l'animale ne resti
abbagliato e si immobilizzi. Purtroppo non è un sistema adottato
a tappeto per mancanza di risorse, ma funziona, così come
funzionano i repellenti nelle zone urbane.
Non da ultimo, si punta all'abbattimento selezionato, ovvero a
colpire fattrici e cuccioli, anche se la cosa non torva tutti
d'accordo. E anche a suo dire l'età sempre più alta dei
cacciatori, assieme alla loro formazione, è uno dei problemi da
affrontare. Intanto - ha reso noto - abbiamo attivato delle
deroghe con l'Ispra, con il quale stiamo anche elaborando uno
strumento di intervento quadriennale a fronte della dimostrazione
dei danni causati dai cinghiali, della loro mappatura e di quanto
abbiamo già fatto per fronteggiarli.
Dall'assessore Panontin la riflessione della necessità di creare
una situazione omogenea tra le province, e proprio per questo a
breve il Consiglio regionale sarà interessato con un
provvedimento per il trasferimento della Polizia provinciale al
Corpo forestale regionale, come sezione specifica e dunque con
una gestione in deroga per intervenire dove quella ordinaria non
basta. A quel punto, la squadra sarà più numerosa e dunque più
efficace negli interventi dove e quando servono.
Il problema dello smaltimento della carne va effettivamente
affrontato perché oggi è sinonimo di spreco. Invece l'assessore
teme che chiedere un'estensione dell'orario di caccia potrebbe
portare alla perdita anche di quell'ora in più di apertura e di
chiusura che il FVG già ha rispetto alle altre regioni, e questo
i cacciatori lo sanno e quindi - a suo dire - non vogliono
rischiare.
Agli assessori che chiedevano un intervento dove le riserve
contano pochi iscritti, Panontin ha fatto sapere che queste hanno
detto no a cacciatori esterni. L'abbattimento in deroga, quindi,
è assolutamente necessario. Si potrebbero utilizzare strumenti di
cattura e avere risultati migliori, ma poi va deciso cosa fare
dei capi catturati; se si creasse una filiera, questa avrebbe
introiti tali che ripagherebbero anche i danni causati dagli
animali.
(immagini tv)