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IV Comm: audizione su situazione cinghiali in regione

21.12.2015
15:26
(ACON) Trieste, 21 dic - RCM - I cinghiali e i gravi danni che causano all'uomo e all'agricoltura: dietro richiesta della portavoce del Movimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo, la IV Commissione consiliare regionale - presidente Vittorino Boem del Pd - si è ritrovata per discutere le problematiche correlate alla diffusa presenza di questi mammiferi sul territorio regionale. In audizione, l'assessore regionale Paolo Panontin, i competenti assessori provinciali di Gorizia, Trieste e Udine, una rappresentante dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Ed è stata proprio di Barbara Franzetti, dell'Ispra, l'affermazione che il cinghiale non rientra tra le specie catalogate a livello nazionale come nocive, perciò ci sono più vincoli per poterlo abbattere. Una soluzione semplice, concessa dalla legge, potrebbe essere quella di modificare il calendario aumentando le giornate e posticipando l'orario di chiusura alla sua caccia di selezione (ovvero senza cani) visto che si tratta di un animale prevalentemente crepuscolare/notturno.

Per la giurisprudenza - ha detto la Franzetti -, quando si parla di abbattimento al di fuori dell'azione venatoria, prima i danni devono essere quantificati e bisogna dimostrare che si è cercato di limitare gli impatti con azioni ecologiche (ad esempio non fornire loro cibo, delimitare i terreni con la corrente elettrica), solo dopo si può intervenire con metodi estremi. Il personale autorizzato è solo la Polizia provinciale, il Corpo forestale, il proprietario del fondo, ma non il cacciatore, perché si parla di azione di controllo, non di azione venatoria, a meno che non si tratti di Piani di prelievo mirati come avviene ad esempio in Toscana.

La realtà triestina ha visto interventi a ridosso dell'abitato urbano in quanto luogo delicato per la sicurezza dell'uomo, perciò si sono saltati gli aspetti dell'intervento ecologico - ha aggiunto la Franzetti -, seppure la città abbia fatto delibere sul non foraggiare gli animali ma creare aree dove convogliarli e controllarli.

Se la Regione individua aree problematiche dove ritiene che la presenza della specie debba essere limitatissima, quando non pari a zero - ha ribadito la portavoce dell'Ispra -, si potrebbe ampliare il periodo della caccia di selezione, senza cani.

L'assessore Marco Quai della Provincia di Udine ha parlato di problematiche limitate ad alcune zone e di interventi che avvengono già da 3 anni attraverso il prelievo spinto con la caccia di selezione, molto più efficace di quella con il segugio che, tra l'altro, è limitata al 1 settembre-31 dicembre.

Nel 2013 - ha reso noto - sono stati autorizzati 3.000 abbattimenti, ma i capi abbattuti sono stati solo il 7%. Intanto, però, non è vero che il maggior numero di incidenti stradali è causato da questi animali: il record, ovvero il 63%, è del capriolo, il 24% del cervo, mentre è del 9,5% quello del cinghiale. Diversamente per quanto riguarda i danni all'agricoltura: il cinghiale ne è causa per il 51%, il capriolo per il 9,5%.

Infine, da parte sua una preoccupazione: che in certe zone, specie della montagna dove l'allevatore si vede particolarmente danneggiato perché i cinghiali rovinano i pascoli e creano pericolo per le greggi, si possa arrivare all'utilizzo di esche avvelenate. La Regione quindi è bene intervenga e per tempo.

Igor Dolenc, assessore della Provincia di Trieste, ha spiegato che si sono concentrati sui prelievi in deroga, concessi alla Polizia ambientale territoriale (4 operatori) per il triennio 2014-2016 sulla base di quanto previsto dalla legge nazionale n. 157 del 1992. Ma uno dei problemi è anche il calo del numero dei cacciatori e la loro età che aumenta, perciò da soli non ce la fanno a contenere l'emergenza. Altro problema, lo smaltimento dei capi uccisi: dei 102 abbattuti nel 2015, alcuni vanno al carnaio di Petra Rossa per la cura dei rapaci, ma molti sono inceneriti, con uno spreco di carne e costi troppo elevati.

In 8 casi - ha poi reso noto l'assessore - si è intervenuti con le persone barricate in casa mentre i cinghiali distruggevano i recinti, invece in altri casi, avvenuti nella città di Trieste, la polizia si è trovata costretta a utilizzare la pistola sebbene l'arma corta non sia adatta all'abbattimento di questi animali perché potrebbero restare solo feriti e diventare ancora più pericolosi. In pratica - ha detto Dolenc - negli anni si è fatto un enorme errore di valutazione, si credeva che la caccia di selezione bastasse, invece non è così e non si è assunto più personale di Polizia ambientale.

Tra i tentativi di prevenzione, l'assessore ha rammentato la pulizia dei boschi e dei rovi periurbani per rendere meno accogliente l'ambiente, ma la risposta dei cittadini è stata tiepida. Bandi sono poi stati fatti per perimetrale i campi con il cosiddetto bastone elettrico, ma anche qui i risultati sono stati scarsi. Ed è stato stampato un opuscolo su che comportamento tenere verso cinghiali, gabbiani e piccioni in città. Non da ultimo, sono stati abbattuti esemplari risultati degli ibridi, incroci tra il maiale tradizionale e il cinghiale, allevati nei cortili. Mentre la scorsa estate si è tenuta una riunione con i direttori di riserva di caccia per stimolare lo sforzo dei cacciatori e fare sinergia.

Mara Cernic, della Provincia di Gorizia, ha spiegato che lì il problema è concentrato sul Carso montano e in particolare sul Collio, dove negli ultimi tre anni l'abbattimento è stato di circa 500 capi all'anno e dove si paga la vicinanza con la Slovenia, che ha regole sono molto diverse, è un incubatore enorme di fauna selvatica e non c'è un coordinamento tra FVG e Lubiana. Ma ciò a cui si punta ormai da 10 anni è aumentare la prevenzione attraverso il dialogo con il mondo venatorio (a cui si fanno anche corsi di formazione), il mondo agricolo, gli ambientalisti e l'opinione pubblica. Si utilizzano gli indennizzi e i prelievi in deroga, l'acquisto del bastone elettrico per il Collio da posare al momento della maturazione dell'uva e da togliere con la vendemmia, mentre la Provincia è contro la rete elettrica sebbene alcuni agricoltori la mettano privatamente.

Utili - ha spiegato la Cernic - si sono rivelati i catarifrangenti anti-selvaggina lungo le strade provinciali, ovvero specchietti che, quando illuminati, riflettono la luce non verso la strada ma verso il campo così che l'animale ne resti abbagliato e si immobilizzi. Purtroppo non è un sistema adottato a tappeto per mancanza di risorse, ma funziona, così come funzionano i repellenti nelle zone urbane.

Non da ultimo, si punta all'abbattimento selezionato, ovvero a colpire fattrici e cuccioli, anche se la cosa non torva tutti d'accordo. E anche a suo dire l'età sempre più alta dei cacciatori, assieme alla loro formazione, è uno dei problemi da affrontare. Intanto - ha reso noto - abbiamo attivato delle deroghe con l'Ispra, con il quale stiamo anche elaborando uno strumento di intervento quadriennale a fronte della dimostrazione dei danni causati dai cinghiali, della loro mappatura e di quanto abbiamo già fatto per fronteggiarli.

Dall'assessore Panontin la riflessione della necessità di creare una situazione omogenea tra le province, e proprio per questo a breve il Consiglio regionale sarà interessato con un provvedimento per il trasferimento della Polizia provinciale al Corpo forestale regionale, come sezione specifica e dunque con una gestione in deroga per intervenire dove quella ordinaria non basta. A quel punto, la squadra sarà più numerosa e dunque più efficace negli interventi dove e quando servono.

Il problema dello smaltimento della carne va effettivamente affrontato perché oggi è sinonimo di spreco. Invece l'assessore teme che chiedere un'estensione dell'orario di caccia potrebbe portare alla perdita anche di quell'ora in più di apertura e di chiusura che il FVG già ha rispetto alle altre regioni, e questo i cacciatori lo sanno e quindi - a suo dire - non vogliono rischiare.

Agli assessori che chiedevano un intervento dove le riserve contano pochi iscritti, Panontin ha fatto sapere che queste hanno detto no a cacciatori esterni. L'abbattimento in deroga, quindi, è assolutamente necessario. Si potrebbero utilizzare strumenti di cattura e avere risultati migliori, ma poi va deciso cosa fare dei capi catturati; se si creasse una filiera, questa avrebbe introiti tali che ripagherebbero anche i danni causati dagli animali.

(immagini tv)