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CR per 40° terremoto: intervento presidente Mattarella (5)

06.05.2016
17:55
(ACON) Udine, 6 mag - COM/AB - Ultimo intervento, quello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

"Ciascun popolo porta nel proprio intimo i segni della propria storia: gioie, dolori, gesti di coraggio, errori. E' la autobiografia di ciascuno e vale per le prove che abbiamo affrontato e vissuto: Vajont, Belice, Friuli, Irpinia e Basilicata, Umbria e Marche, Emilia Romagna, sono alcune fra le tante ferite che negli ultimi decenni hanno colpito il nostro Paese.

Siamo qui, oggi, a fare memoria di una di quelle ferite, quel terremoto che ha colpito, per due volte di seguito, Comuni e popolazioni in Provincia di Udine e di Pordenone, lasciando una scia di morti e di distruzioni immani.

Un dolore che non potrà mai essere colmato.

La sfida lanciata dalla natura ha colpito una terra da sempre porta aperta verso l'Italia. Vi sono state sofferenze che, in passato, hanno contribuito all'ulteriore impoverimento dell'Italia: la miseria, in alcune aree, spingeva alla migrazione in altri Paesi d'Europa e oltre Oceano, con un ulteriore dissanguamento di queste terre.

Non sembrava esserci alternativa per il futuro dei propri figli.

Di quegli esodi sono testimonianza le prospere comunità friulane insediate all'estero, raccolte nei Fogolars Furlans.

E' la volontà degli uomini che provoca la differenza. Questa la lezione è stata orgogliosamente affermata dal popolo italiano, qui e all'estero. Questa la lezione che le popolazioni del Friuli ci hanno dato più volte: rialzarsi e ripartire. Dopo la Prima Guerra mondiale combattuta in queste contrade. Dopo i terremoti del 1976. Avanti verso un "Friuli nuovo" eppure sempre con la sua forte identità. Conferma che le prove della vita esaltano i valori positivi delle persone e delle comunità e le proiettano verso traguardi più ambiziosi.

Da un grande disastro naturale - osservava il presidente Ciampi - alla rampa di decollo di una crescita che ha portato alla affermazione di un modello socio-economico comune al Triveneto; in quel Nord Est così capace di innovazione e di internazionalizzazione.

Tutta l'Italia è stata al fianco del Friuli in questa opera. L'amicizia, l'affetto, che manifestate nei confronti di Giuseppe Zamberletti, ne è la prova più evidente.

La solidarietà internazionale ha accompagnato nei momenti dell'emergenza questa regione. Ma i protagonisti assoluti sono stati gli abitanti delle zone colpite, con i loro amministratori, comunali e regionali, a partire da Antonio Comelli, grande figura alla quale abbiamo intitolato oggi questo auditorium.

Quasi mille vittime, colpiti anche i soccorritori, soldati, vigili del fuoco. Protagonisti del soccorso anche i volontari, giovani e meno giovani che, come in tante altre situazioni, hanno evidenziato i tratti migliori del carattere italiano: l'altruismo, la gratuità, la solidarietà. Un'intera società civile che, nelle sue mille articolazioni, si è mobilitata: i radioamatori con la loro rete, entrata immediatamente in funzione, dentro la zona terremotata, per fornire preziose indicazioni là dove le telecomunicazioni avevano subito danni.

Il punto di partenza di quello che poi sarebbe stato acquisito come "modello Friuli": un soccorso, nell'immediato, basato su una informazione capillare, dal basso, paese per paese, parrocchia per parrocchia, in grado di mettere a frutto gli importanti assetti messi in campo dai vigili del fuoco, dalle Forze armate, dalle forze di Polizia sin dalle prime ore del dopo terremoto (penso a Sandro Giomi che ha lasciato traccia, in un piccolo libro, ricordando diario di quei giorni). Quasi 900 vigili del fuoco all'opera il 7 maggio. Cinquemila gli uomini dell'Esercito, in quel primo giorno.

Dal soccorso si è passati alla stabilizzazione e, quindi, alla ricostruzione. Nessuna opera dell'uomo è casuale: dietro ciascuna scelta vi è sempre una riflessione, il soppesare il pro e il contro, il definire gli obiettivi da raggiungere. Scelte tanto più difficili quando riguardano, come in questo caso, centinaia di migliaia di persone, 119 Comuni.

La rincorsa perenne tra innovazione e conservazione ha spostato, allora, per una volta, l'asticella al di fuori del tradizionale contrasto. Certo, furono utili le lezioni apprese altrove e, a fare da monito, venne anche la seconda tremenda scossa del 15 settembre. La volontà forte delle istituzioni locali, dei sindaci dell'epoca in prima linea, di salvaguardare l'identità dei luoghi fu all'origine di un cambio radicale.

Il "dove era, come era", rompendo anche tanti paradigmi dell'accademia, restituiva al popolo friulano le chiavi del proprio destino. La consapevolezza che sarebbe stato un grave errore rompere un tessuto sociale già tanto provato, è stata in quei giorni all'origine di decisioni davvero sagge e che, inevitabilmente non sempre comprese, recarono sicuramente amarezze al presidente Comelli, ai suoi più stretti collaboratori, agli assessori alla ricostruzione dell'epoca Salvatore Varisco e poi Adriano Biasutti, gratificati successivamente dal riconoscimento del successo della ricostruzione.

Appartenenza al territorio, consapevolezza della propria storia e cultura, partecipazione dal basso, orgoglio della propria autonomia da un lato, e capacità di ascolto, di guida e di solidarietà da parte dello Stato dall'altro, hanno consentito di superare una drammatica distruzione e di porre le basi per un rilancio della convivenza civile in questa regione di incontro tra le civiltà latina, germanica e slava.

Il Friuli, regione di confine, celebra quest'anno, con il Veneto, il 150° anniversario dell'unione al resto dell'Italia. Il Friuli è un crocevia dell'Europa. Da qui si comprendono, meglio che da altri luoghi, le ragioni che sorreggono la visione di un'Europa più forte e solidale. La capacità della società friulana di fare sistema nei suoi organi rappresentativi, nei suoi apparati pubblici e nel coinvolgimento delle forze sociali ha delineato un modello, a partire proprio dalla collaborazione civile-militare, che ha ispirato ogni successivo sviluppo in materia di Protezione civile.

Anche di questo possiamo dirci debitori. Questa la chiave di tutto: fare ciascuno la propria parte: i cittadini, i Comuni, la Regione, lo Stato. Queste sono virtù civiche concrete, questo è l'autentico senso della comunità. L'abbraccio dell'intero Paese fu immediato: dal presidente del Consiglio Aldo Moro al ministro dell'Interno Francesco Cossiga, sui luoghi della tragedia nelle ore immediatamente successive. Non vi fu alcuna sottovalutazione dell'evento. Piuttosto le modalità usuali apparvero obsolete, in affanno nel cogliere la magnitudo di quella che si profilava come una catastrofe immane già dai primi momenti. La popolazione di interi centri venne dimezzata, falcidiata dalla furia del sisma: Majano, Osoppo, Gemona. Imponente il dispositivo di emergenza messo in campo: il 10 maggio erano disponibili oltre 31.000 posti letto nelle tende (80.000 alla fine del mese). Cinquemila roulotte, spesso rese disponibili attraverso prestiti di solidarietà, vennero collocate a lato dei villaggi distrutti, per consentire la continuazione delle attività agricole e artigianali. Nell'inverno, 32.000 persone vennero ricollocate sui centri del litorale, con la predisposizione di servizi scolastici straordinari per 3.500 alunni.

La stima del novembre del 1976 faceva ammontare i danni pubblici e privati alla iperbolica somma di 3.500 miliardi di lire. Vi siete rialzati, ci siamo rialzati. Oggi, nel ricordo delle vittime e dei tanti che operarono così bene, prendo a prestito le parole di Giuseppe Zamberletti al termine del suo mandato, il 30 aprile del 1977: "un popolo non muore con il crollo delle case e il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l'anima".

Viva il Friuli. Viva la Repubblica.

(foto, immagini tv)

(segue)