CR: attività estrattive, relatore minoranza Sergo (5)
(ACON) Trieste, 6 lug - RCM - Obsoleta, per il secondo relatore
di minoranza, Cristian Sergo (M5S), non è solo la normativa di
settore, ma anche lo stesso modello economico, produttivo e di
sviluppo di riferimento, che risulta ormai non più adeguato alla
realtà e alle esigenze di cittadini e territorio.
Con questa riforma, a suo dire, la Regione intende assicurare un
ordinato svolgimento dell'attività estrattiva delle sostanze
minerali cosiddette "di seconda categoria" come disciplinate
dallo Stato, in coerenza con gli obiettivi della pianificazione
territoriale e di sviluppo dell'economia, nonché nel rispetto dei
valori ambientali, della tutela del paesaggio, della riduzione
del consumo del suolo e della sostenibilità dell'attività
estrattiva per tipologia e quantità di sostanza minerale,
rispetto alle caratteristiche del territorio regionale. Nulla di
più condivisibile, se non fosse che diverse disposizioni del
disegno di legge si pongono in apparente contrasto con gli stessi
principi ispiratori.
Come nel caso della legge regionale 11/2015 in materia di difesa
del suolo e di utilizzazione delle acque, scritta prima
dell'approvazione definitiva del Piano regionale tutela acque,
anche il ddl 146 è presentato prima dell'approvazione del Piano
regionale delle attività estrattive: una scelta incomprensibile.
In questi sei anni, si sono autorizzate nuove escavazioni senza
avere contezza del fabbisogno regionale e della disponibilità dei
territori, ovvero delle autorizzazioni in essere. A titolo
esemplificativo, Sergo ha evidenziato il dato inerente le pietre
ornamentali: a fronte di un complessivo volume autorizzato di 7,6
milioni di metri cubi di scavi, al 1 gennaio 2014 ne risultavano
ancora disponibili 7,1 milioni; su 29 cave, due sono state
autorizzate nel 2013, mentre oltre la metà era stata autorizza da
più di dieci anni, a fronte di un escavo complessivo nel 2013 di
118 mila metri cubi. Con questo ritmo, prima di esaurire tutto il
volume che è stato autorizzato in passato dovrebbero passare
quasi 60 anni. E i dati si riferiscono a gennaio 2014, non
tengono conto delle autorizzazioni successive.
Non si comprende come il favorire il riassetto ambientale dei
luoghi si concili con l'esclusione delle escavazioni delle
sostanze minerali funzionali alla realizzazione di discariche,
qualora asportate dall'area di cantiere, per un volume non
superiore a 30.000 metri cubi. Limite oltretutto inesistente
qualora le escavazioni siano funzionali a un'opera anche privata.
Ulteriore disposizione che potrebbe generare effetti
diametralmente opposti a quelli perseguiti, per Sergo è
equiparare il materiale litoide estratto e asportato nell'ambito
degli interventi di manutenzione degli alvei dei corsi d'acqua,
alle sostanze minerali disciplinate dal ddl.
Si indica, poi, la possibilità di ottenere l'autorizzazione
all'esercizio dell'attività estrattiva nelle aree di cava
dismesse, anche se situate al di fuori delle zone omogenee D4,
per una superficie di ampliamento non superiore al 50% della
superficie dell'area di cava dismessa e, comunque, non superiore
a 50.000 metri quadrati: questo mentre i criteri di
individuazione di tali siti risultano tra loro incoerenti
(ancorché alternativi), lasciando alla struttura ampio margine di
discrezionalità tecnica che, almeno in presenza di "riconosciuta
pericolosità idrogeologica" o "pericolosità potenziale del sito
per la sicurezza della popolazione" andrebbe regolamentata.
E ancora, con l'approvazione di questo ddl e in attesa del Prae,
non si avrà alcun testo che indichi chiaramente i criteri per la
predisposizione del progetto di coltivazione e di risistemazione
ambientale sia per le domande di autorizzazione in istruttoria
alla data odierna, sia per quelle relative alle aree di cava
dismesse. E sempre in tema di autorizzazione, non mancano le
solite deroghe sparse in tutto il provvedimento, riferite dalle
pietre ornamentali alle nuove autorizzazioni e ai rinnovi. E
questo - ha sottolineato Sergo - perché alla Giunta come al
solito manca il coraggio.
Se si può capire l'esclusione delle cave di pietra ornamentale
dal divieto di attività in aree protette (dato che risultano
tutte situate in zone Zps, Sic, riserve naturali o soggette a
vincolo idrogeologico o paesaggistico), si capisce meno perché
non si stabilisca l'esclusione delle riserve naturali, Zps e Sic
dall'attività estrattiva di sabbia e ghiaia, come normato in
altre regioni. O perché non si voglia prendere esempio dal
Veneto, ponendo un limite percentuale allo sfruttamento di
territorio comunale per l'attività estrattiva (sempre di sabbia e
ghiaia), invece di equiparare il materiale litoide, estratto e
asportato nell'ambito degli interventi di manutenzione degli
alvei dei corsi d'acqua, alle sostanze minerali.
Il testo manca, infine, di qualsiasi previsione diretta a
premiare le coltivazioni che danno luogo a ricadute
socioeconomiche in una logica di filiera, ovvero alla lavorazione
in loco dei materiali estratti e ai relativi vantaggi sul piano
occupazionale, così come difetta di qualsiasi riferimento alla
direttiva 2008/98/CE in materia di riciclo dei rifiuti inerti,
nonostante si citi l'imminenza dell'obiettivo del 70% di recupero
di materiali inerti da raggiungere entro il 2020.
(immagini tv)
(segue)