Finanza: I Comm, esaminati referti Corte Conti su coperture regionali
(ACON) Trieste, 14 set - Coordinamento della finanza pubblica e
tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi da
parte della Regione Friuli Venezia Giulia: è quanto contenuto in
due documenti della sezione di controllo della Corte dei Conti
esaminati dalla I Commissione consiliare, documenti che saranno
portati all'attenzione dell'Aula in una delle prossime sedute.
Il Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica
regionale si compone di tre parti: "Dalle Unioni territoriali
intercomunali (Uti) agli Enti di decentramento regionale (Edr).
Il ruolo di finanza pubblica spettante alla Regione in relazione
all'evoluzione dell'ordinamento delle autonomie locali del Friuli
Venezia Giulia"; "Soggetti, forme e relazioni organizzative della
Regione Friuli Venezia Giulia nell'ottica della finanza
pubblica"; "Monitoraggio sulla consistenza degli organismi
societari partecipati dagli enti locali del Friuli Venezia Giulia
al 31 dicembre 2019, alla luce dell'attuazione dei provvedimenti
di razionalizzazione delle partecipazioni adottati dagli enti con
riferimento al 31 dicembre 2017".
La prima parte del Rapporto - si apprende leggendo la relazione -
è stata sollecitata dall'articolata riforma ordinamentale degli
enti locali del Fvg. Si tratta di uno studio che va di pari passo
con il secondo, inerente l'individuazione dei connotati
fondamentali della funzione regionale alla luce delle importanti
novità introdotte dal protocollo d'intesa Stato-Regione risalente
al febbraio 2019.
Il primo referto, dunque, individua lo stato organizzativo e
gestionale in cui le Uti versavano al 30 giugno 2019 (con
riferimento alla consistenza del personale in servizio e alle
funzioni esercitate); contestualizza nello scenario regionale le
gravi difficoltà operative che esse hanno incontrato; evidenzia i
motivi di tali difficoltà e dei risultati conseguiti
(obiettivamente inferiori rispetto alle aspettative, commenta la
Corte).
A emergere sono problematiche già esaminate, come quella
concernente i ruoli del personale dipendente dei Comuni e quelle
aperte dall'ultimo contratto collettivo del comparto unico, e si
dà evidenza agli effetti della soppressione delle Province
relativamente alle nuove destinazioni e ai costi del personale
trasferito alla Regione.
A detta della Corte, la riforma ordinamentale degli enti locali
avviata nel 2014 e la sua revisione, avviata nel 2018, muovono da
concezioni del rapporto Regione-enti locali ampiamente
divergenti. Inoltre, specifici aspetti delle competenze comunali
(ad esempio in relazione al significato dei subambiti) sono stati
intesi e valutati in senso diametralmente opposto da chi era
favorevole e da chi era contrario alle Uti.
L'inadeguatezza dell'attività svolta dalle Uti - sostiene la
Corte - è soprattutto riferibile alla tempistica entro cui i
Comuni erano chiamati a esercitare le opzioni rimesse alla loro
competenza, ad approntare idonei supporti e professionalità per
l'esercizio associato delle funzioni e dei servizi in un quadro
generale che avrebbe dovuto prevedere un opportuno periodo di
sperimentazione. Inoltre, non vi sono preliminari valutazioni
circa i contenuti delle leggi (interessate, in un quadriennio, da
circa una ventina di modifiche) né prognostici sulle cronologie
previste per gli adempimenti e sugli effetti attesi. Anche
l'ampio contenzioso giudiziale instauratosi tra alcuni Comuni e
la Regione durante l'istituzione delle Unioni non ha giovato e i
suoi costi sono rimasti a carico della collettività.
Il sistema Uti, inoltre, non ha fruito delle risorse umane
derivanti dalla soppressione delle Province, transitate pressoché
esclusivamente nei ruoli del personale regionale (al 31 dicembre
2017, su 1.210 dipendenti provinciali, 1.034 erano stati
assorbiti dalla Regione). Per non parlare del cosiddetto
avvalimento inverso che ha riguardato i Comuni di maggiore
dimensione, ove erano le Uti ad avvalersi delle strutture e
competenze comunali e non viceversa, come previsto dalla legge.
La significativa valorizzazione dell'autonomia comunale
contrapposta al precedente centralismo regionale, attraverso le
leggi regionali 31/2018 e 21/2019, è alla base della riforma
delle autonomie locali avviata nella XII legislatura.
Da diversi fattori analizzati dalla Corte emerge la necessità di
una condivisione delle funzioni e dei servizi comunali. L'organo
di controllo ritiene proficue le soluzioni organizzative basate
sull'esercizio associato o comunque condiviso di funzioni e
servizi, specie per i Comuni di piccole dimensioni, e nel
contempo esprime la propria perplessità per previsioni normative
che affidassero tale condivisione esclusivamente allo
spontaneismo dei singoli Comuni.
È necessario individuare il migliore equilibrio tra l'autonomia
decisionale da riconoscere ai Comuni e l'esercizio delle funzioni
e delle attività che competono alla Regione. La fondamentale
funzione di coordinamento della finanza pubblica che compete alla
Regione le attribuisce un ruolo di garante bidirezionale, perché
deve essere esercitato tanto nei confronti dello Stato quanto nei
confronti degli enti locali.
La seconda disamina della Corte è inserita in un più ampio
scenario, che prende in considerazione le modalità attraverso le
quali si esplica l'azione regionale nell'arco temporale 2014-19 e
di ognuna delle quali è rilevata la dimensione finanziaria.
Nello svolgimento delle funzioni regionali si può individuare una
tripartizione dell'azione regionale a seconda che essa sia svolta
direttamente dall'apparato amministrativo regionale; sia posta in
essere da soggetti di cui la Regione si avvale per il
perseguimento delle sue finalità; sia oggetto di delega a favore
di soggetti formalmente estranei all'amministrazione regionale.
I controlli della Sezione, in questo caso, sono stati eseguiti ai
fini delle dichiarazioni di affidabilità del rendiconto regionale
e hanno talvolta evidenziato una carente verifica da parte del
soggetto delegante (ad esempio il rispetto dei termini per
l'esecuzione dell'attività delegata).
Nel 2018, gli enti che hanno fruito di trasferimenti finanziari
dalla Regione per la loro veste di delegatari di funzioni o
attività regionali sono stati 31, per un importo di circa 267
milioni di euro. In linea generale, l'incidenza finanziaria della
spesa annua regionale sostenuta per mezzo degli enti e degli
organismi regionali delegati ammonta all'incirca al 10% della
spesa annua complessiva.
Infine, il terzo referto espone gli esiti del monitoraggio della
Corte dei Conti concernente la partecipazione degli enti locali a
organismi societari al 31 dicembre 2019. Quantifica in primo
luogo l'entità complessiva delle società partecipate dagli enti
locali della Regione che, dalle 135 unità esistenti a inizio
2012, scende a 91 unità a fine 2019 (-32,59%). Di queste 91, 17
sono interessate da un procedimento di liquidazione, che in
alcuni casi è datato 2009 oppure 2010, a dimostrazione delle
difficoltà operative che gli enti incontrano nella dismissione
delle partecipazioni.
Alla diminuzione del numero delle società corrisponde una
contrazione del numero complessivo delle partecipazioni, che
passa da 961 unità (a inizio 2012) a 743 unita (a fine 2019), con
una variazione pari a -22,68%. Per quanto attiene ai settori in
cui operano le 74 società non interessate da un procedimento di
liquidazione, il monitoraggio ha evidenziato che esse operano
principalmente nei settori turismo (27,03%), economia, commercio,
industria e artigianato (24,32%), acqua, energia, gas e rifiuti
(22,97%).
A fine 2019 erano pendenti, o comunque non concluse, 199
procedure di dismissione, 85 delle quali (42,71%) afferiscono a
società in liquidazione e 82 (41,20%) a società per le quali era
già stata decisa la dismissione con provvedimenti precedenti.
Quanto ai contenuti degli atti deliberativi assunti dagli enti,
per più della metà delle partecipazioni (58%) presentano
motivazioni inidonee a giustificarne compiutamente il
mantenimento.
ACON/red