Referendum: ok Aula a sei quesiti referendari abrogativi su giustizia
(ACON) Trieste, 26 lug - Il Consiglio regionale del Friuli
Venezia Giulia, seguendo la strada precedentemente tracciata
dall'Assemblea legislativa della Lombardia, ha approvato a
maggioranza i 6 quesiti referendari abrogativi statali in materia
di giustizia.
Come spiegato in sede introduttiva dal relatore unico Mauro
Bordin (Lega), che già li aveva illustrati in I Commissione
consiliare, l'obiettivo era quello di "rafforzare il consenso di
migliaia di cittadini su proposte dedicate a tematiche pregnanti
che, ormai da decenni, non trovano risposte convincenti da
offrire al sistema giustizia".
"Nessuna volontà da parte nostra, tuttavia, di sostituirci al
Parlamento. Chiediamo però all'Aula - ha concluso l'esponente del
Carroccio, che sarà il delegato titolare con il collega Diego
Bernardis nelle vesti di supplente - di supportare l'iniziativa
popolare, sensibilizzando l'organo legislativo nazionale su
questioni di primaria importanza".
In sede di voto, all'esplicita contrarietà espressa da Furio
Honsell (Open Sinistra Fvg), ha fatto eco la scelta di non
partecipare all'espressione da parte dei Gruppi consiliari di
Opposizione. I rappresentanti di FdI, per contro, si sono
astenuti sui primi due quesiti, per concedere invece un parere
"convintamente favorevole" a tutti gli altri.
Il quesito referendario numero 2, entrando nel dettaglio dei
contenuti, chiede al corpo elettorale di pronunciarsi "sul
complessivo superamento delle disposizioni in materia di
incandidabilità, ineleggibilità e divieto di ricoprire cariche
elettive e di Governo, anche con valore retroattivo, conseguenti
a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, come
previsto dalla Legge Severino". Il fine è quello di "evitare
situazioni in cui soggetti, successivamente riconosciuti
innocenti, vengano estromessi dalla vita pubblica con danni
enormi sotto il profilo professionale, di immagine ed economico".
Il numero 3 interviene sull'articolo 274 del codice di Procedura
penale che, trattando le esigenze che legittimano misure
cautelari coercitive o interdittive, individua "le condizioni al
ricorrere delle quali possono essere applicate le misure
cautelari a carico degli indagati o, comunque, di soggetti non
ancora condannati in via definitiva. La custodia cautelare, da
strumento di emergenza, si è infatti trasformata in una vera e
propria forma anticipatoria della pena - è stato specificato -
costringendo moltissime persone, successivamente assolte, a
conoscere l'umiliazione del carcere prima di un processo.
L'applicazione viene altresì limitata in caso di pericolo di
reiterazione del reato".
Il quesito 4 chiede ai cittadini di pronunciarsi sulla
separazione, nell'ambito dell'assetto dell'ordinamento
giudiziario, delle carriere fra magistratura requirente e
giudicante. L'approvazione comporterebbe che "il magistrato
all'esordio della carriera, optato per una funzione, non possa
più passare all'altra. L'esigenza è dovuta alla logica che chi
giudica non può accusare e viceversa". Il 5 incide invece "sulla
valutazione dei magistrati che compete al Consiglio superiore
della magistratura (Csm) sulla base di un parere del Consiglio
giudiziario del distretto in cui presta servizio il magistrato da
valutare. Viene perciò proposta l'abrogazione della norma che
esclude per avvocati e professori universitari un intervento in
materia di pareri sulla professionalità per consentire una
partecipazione paritaria a tutti i componenti, senza distinzione
di materie tra componenti laici e togati".
Il 6 è diretto a configurare la possibilità di azione diretta per
responsabilità civile verso un magistrato da parte di chi avesse
subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un
atto o di un provvedimento giudiziario, aprendo la possibilità
per il cittadino di chiedere il risarcimento dei danni in via
diretta. "L'obiettivo è quello di eliminare una disparità di
trattamento che oggi vede il magistrato privilegiato rispetto
alla generalità dei pubblici dipendenti, funzionari e dirigenti e
in assoluto a qualsiasi soggetto". L'ultimo quesito, il 7, è
infine diretto a modificare il sistema di presentazione delle
candidature per la elezione della quota di magistrati componenti
del Csm, organo di autogoverno che regola le carriere,
focalizzando l'attenzione "su competenza e capacità, consentendo
al singolo magistrato di proporre la propria candidatura senza
dover raccogliere firme a sostegno, riducendo in questo modo il
peso delle correnti".
Alla posizione apertamente favorevole manifestata già in sede di
discussione da Emanuele Zanon (Regione Futura), ai fini di
"spronare il Parlamento verso una riforma della giustizia
completa e in grado di dare risposte attese da decenni,
attraverso una grande partecipazione democratica", ha fatto eco
quella decisamente critica di Honsell che ha definito "non
opportuna una richiesta come questa su un tema molto complesso".
Alessandro Basso (FdI) ha anticipato la scelta di astensione sui
primi due quesiti da parte del suo Gruppo, mentre Massimo
Moretuzzo (Patto per l'Autonomia), nel manifestare la decisione
di non votare, ha definito "un errore inserire questo punto
durante uno degli assestamenti più consistenti nella storia della
Regione. Si tratta di una forzatura: non regolamentare, ma
politica".
Stessa linea anche per Mauro Capozzella (M5S), ma con la premessa
che "non abbiamo nulla contro lo strumento giuridico del
referendum, importante esempio di democrazia diretta. È tuttavia
improprio utilizzarlo da parte di una forza politica ben
rappresentata nel Parlamento e nel Governo, dove può e deve far
valere le sue proposte, evitando la seduzione della raccolta di
istanze dalla popolazione".
Anche il capogruppo dem Diego Moretti (Pd), definendo la
giustizia come un tema "complesso, delicato e trasversale che non
può essere lasciato a referendum emotivi lasciati alla
contingenza del momento", ha ricordato "l'esistenza di un
Parlamento che dovrebbe affrontare questa vera emergenza del
Paese".
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