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FRIULANO. CONFERENZA AFFRONTA PIANO GENERALE E STRATEGIE DI SVILUPPO

05.11.2021
18:53
(ACON) Udine, 5 nov - Metodologie e strumenti, statistiche e prospettive temporali, azioni strettamente linguistiche abbinate a provvedimenti educativi, sociali e amministrativi. Tutto ciò per salvaguardare il friulano, traghettandolo verso il futuro attraverso il nuovo Piano generale di politica linguistica 2021-23, un progetto in grado di applicare nel concreto le strategie per difendere la comprensione, l'utilizzo e lo studio della marilenghe. Tanto nella vita privata e all'interno della famiglia, quanto nei rapporti con la scuola e la Pubblica amministrazione.

Questo quanto auspicato dai relatori nella fase centrale della 3. Conferenza regionale sulla lingua friulana che ha visto collegarsi via web, nel corso della giornata, cittadini friulani che risiedono in ben 66 Paesi diversi.

Salvatore Campo (vicedirettore centrale Autonomie locali, nonché direttore del Servizio lingue minoritarie e corregionali all'estero) si è soffermato sugli spunti per una nuova strategia regionale per lo sviluppo del friulano. A lui il compito di esaltare "il trittico linguistico presente in regione, caratterizzato da realtà autonome che hanno qualcosa in grado di renderle unite. Le azioni - ha spiegato - devono tener conto di tre icone: la parsimonia (essere sobri nell'utilizzo delle risorse, evitando sprechi), il facciamo insieme (non basta più che i fondi arrivino solo dal sistema pubblico, ma economia e imprenditori devono sostenere l'obiettivo) e oltre il cuore (la dimensione identitaria, culturale e sentimentale è fondamentale per trovare insieme il modo di rendere utili le iniziative)".

Michele Gazzola, docente di Amministrazione e Politiche pubbliche dell'Università dell'Ulster, ha illustrato in videoconferenza "i criteri che stanno alla base della progettazione del sistema informativo del Piano generale. Due gli ingredienti: na teoria per arrivare ai risultati partendo dalle risorse e un modello informativo che consenta di capire se la strada intrapresa è quella giusta. Serve un sistema di indicatori coerenti, insieme a evolute procedure di raccolta dei dati al fine di supportare tre grandi finalità articolate e specificate: favorire il ripristino della trasmissione intergenerazionale, incrementare le competenze linguistiche e ampliarne l'uso sociale".

Linda Picco, in rappresentanza dello Sportello regionale per la lingua friulana, ha invece analizzato la situazione sotto l'aspetto sociolinguistico, affidandosi a una serie di cifre e tabelle riferite alle ricerche tematiche iniziate già a metà degli anni Settanta. "Le ultime sono state pubblicate nel 2014 con dati però rielaborati nel 2020, approfittando di 1.005 risposte ai questionari giunte da 72 Comuni interessati. Purtroppo, l'uso del friulano si è ridotto nel tempo - ha confermato - e tra 30 anni, se non si punterà sulla scuola e sulla veicolazione in ambito familiare, si rischia di passare dal 42% al 29-32%. Bene che i giovani non riconoscano più negatività nella lingua, ma manca la trasmissione generazionale". Inoltre, "la maggior parte dei bambini friulanofili perde l'uso della marilenghe entrando nella scuola per l'infanzia e poi è difficile riprenderlo. Il rischio - ha concluso Picco - è quello di una futura generazione che conosce il friulano solo in forma passiva, senza parlarlo. Si abbasserà anche il numero dei parlanti con una frenata però di una certa importanza con dissoluzione di buona parte degli stereotipi negativi".

Sulla base di queste premesse, i lavori sono proseguiti con la presentazione del nuovo Piano generale di politica linguistica e delle strategie future di sviluppo, facendo particolare riferimento al corpus della lingua, alla Pubblica amministrazione, all'istruzione, alle tecnologie, ai mass media e alla promozione sociale.

A Donato Toffoli, componente del comitato tecnico scientifico dell'Arlef, il compito di sintetizzare la storia dell'idioma, partendo dal 1871 con il primo dizionario della lingua friulana e ribadendo che "una lingua minorizzata per così tanto tempo non può non dotarsi di una politica linguistica e di strumenti efficaci per ogni situazione comunicativa. Serve dunque un corpus sviluppato, base che racchiude testi per oltre 500mila parole, utilizzato per elaborare un dizionario monolingue. Anche la grafia ufficiale ha inoltre costituito una grande conquista".

La Pubblica amministrazione è stata oggetto di analisi specifica da parte di Gerardo Tolentino (Coordinamento lingue minoritarie) che ha suggerito una "riflessione sul rapporto linguistico intercorre tra cittadini e Pa. Impiegati allo sportello, cartelli e siti internet istituzionali diventano ambiti importanti nei quali applicare strumenti operativi da far fruire al gruppo beneficiario. La Pa deve perciò offrire sostanza alle norme e darne attuazione concretata, coordinando le risorse umane e finanziarie".

"Lo scopo - ha specificato ancora Tolentino - è quello di accrescere le competenze linguistiche dei funzionari, affinché agevolino l'uso della lingua nei rapporti con i cittadini. Le parole chiave sono perciò pianificazione e programmazione, coordinamento e cooperazione, cooperazione tra Pa e concretizzazione delle norme con rafforzamento delle strutture strategiche. Ma anche coinvolgimento di Enti locali e aziende sanitarie, il ruolo primario dell'Assemblea della comunità linguistica friulana (Aclif) e dello Sportello linguistico regionale". ACON/DB-red



Il direttore dell'Arlef, William Cisilino
L'intervento del vicedirettore Autonomie locali della Regione, Salvatore Campo, al centro tra Linda Picco e William Cisilino, direttore dell'Arlef
Gerardo Tolentino (coordinamento regionale Lingue minoritarie)
Linda Picco (Sportello regionale lingua friulana)