FRIULANO. CONFERENZA AFFRONTA PIANO GENERALE E STRATEGIE DI SVILUPPO
(ACON) Udine, 5 nov - Metodologie e strumenti, statistiche e
prospettive temporali, azioni strettamente linguistiche abbinate
a provvedimenti educativi, sociali e amministrativi. Tutto ciò
per salvaguardare il friulano, traghettandolo verso il futuro
attraverso il nuovo Piano generale di politica linguistica
2021-23, un progetto in grado di applicare nel concreto le
strategie per difendere la comprensione, l'utilizzo e lo studio
della marilenghe. Tanto nella vita privata e all'interno della
famiglia, quanto nei rapporti con la scuola e la Pubblica
amministrazione.
Questo quanto auspicato dai relatori nella fase centrale della 3.
Conferenza regionale sulla lingua friulana che ha visto
collegarsi via web, nel corso della giornata, cittadini friulani
che risiedono in ben 66 Paesi diversi.
Salvatore Campo (vicedirettore centrale Autonomie locali, nonché
direttore del Servizio lingue minoritarie e corregionali
all'estero) si è soffermato sugli spunti per una nuova strategia
regionale per lo sviluppo del friulano. A lui il compito di
esaltare "il trittico linguistico presente in regione,
caratterizzato da realtà autonome che hanno qualcosa in grado di
renderle unite. Le azioni - ha spiegato - devono tener conto di
tre icone: la parsimonia (essere sobri nell'utilizzo delle
risorse, evitando sprechi), il facciamo insieme (non basta più
che i fondi arrivino solo dal sistema pubblico, ma economia e
imprenditori devono sostenere l'obiettivo) e oltre il cuore (la
dimensione identitaria, culturale e sentimentale è fondamentale
per trovare insieme il modo di rendere utili le iniziative)".
Michele Gazzola, docente di Amministrazione e Politiche pubbliche
dell'Università dell'Ulster, ha illustrato in videoconferenza "i
criteri che stanno alla base della progettazione del sistema
informativo del Piano generale. Due gli ingredienti: na teoria
per arrivare ai risultati partendo dalle risorse e un modello
informativo che consenta di capire se la strada intrapresa è
quella giusta. Serve un sistema di indicatori coerenti, insieme a
evolute procedure di raccolta dei dati al fine di supportare tre
grandi finalità articolate e specificate: favorire il ripristino
della trasmissione intergenerazionale, incrementare le competenze
linguistiche e ampliarne l'uso sociale".
Linda Picco, in rappresentanza dello Sportello regionale per la
lingua friulana, ha invece analizzato la situazione sotto
l'aspetto sociolinguistico, affidandosi a una serie di cifre e
tabelle riferite alle ricerche tematiche iniziate già a metà
degli anni Settanta. "Le ultime sono state pubblicate nel 2014
con dati però rielaborati nel 2020, approfittando di 1.005
risposte ai questionari giunte da 72 Comuni interessati.
Purtroppo, l'uso del friulano si è ridotto nel tempo - ha
confermato - e tra 30 anni, se non si punterà sulla scuola e
sulla veicolazione in ambito familiare, si rischia di passare dal
42% al 29-32%. Bene che i giovani non riconoscano più negatività
nella lingua, ma manca la trasmissione generazionale". Inoltre,
"la maggior parte dei bambini friulanofili perde l'uso della
marilenghe entrando nella scuola per l'infanzia e poi è difficile
riprenderlo. Il rischio - ha concluso Picco - è quello di una
futura generazione che conosce il friulano solo in forma passiva,
senza parlarlo. Si abbasserà anche il numero dei parlanti con una
frenata però di una certa importanza con dissoluzione di buona
parte degli stereotipi negativi".
Sulla base di queste premesse, i lavori sono proseguiti con la
presentazione del nuovo Piano generale di politica linguistica e
delle strategie future di sviluppo, facendo particolare
riferimento al corpus della lingua, alla Pubblica
amministrazione, all'istruzione, alle tecnologie, ai mass media e
alla promozione sociale.
A Donato Toffoli, componente del comitato tecnico scientifico
dell'Arlef, il compito di sintetizzare la storia dell'idioma,
partendo dal 1871 con il primo dizionario della lingua friulana e
ribadendo che "una lingua minorizzata per così tanto tempo non
può non dotarsi di una politica linguistica e di strumenti
efficaci per ogni situazione comunicativa. Serve dunque un corpus
sviluppato, base che racchiude testi per oltre 500mila parole,
utilizzato per elaborare un dizionario monolingue. Anche la
grafia ufficiale ha inoltre costituito una grande conquista".
La Pubblica amministrazione è stata oggetto di analisi specifica
da parte di Gerardo Tolentino (Coordinamento lingue minoritarie)
che ha suggerito una "riflessione sul rapporto linguistico
intercorre tra cittadini e Pa. Impiegati allo sportello, cartelli
e siti internet istituzionali diventano ambiti importanti nei
quali applicare strumenti operativi da far fruire al gruppo
beneficiario. La Pa deve perciò offrire sostanza alle norme e
darne attuazione concretata, coordinando le risorse umane e
finanziarie".
"Lo scopo - ha specificato ancora Tolentino - è quello di
accrescere le competenze linguistiche dei funzionari, affinché
agevolino l'uso della lingua nei rapporti con i cittadini. Le
parole chiave sono perciò pianificazione e programmazione,
coordinamento e cooperazione, cooperazione tra Pa e
concretizzazione delle norme con rafforzamento delle strutture
strategiche. Ma anche coinvolgimento di Enti locali e aziende
sanitarie, il ruolo primario dell'Assemblea della comunità
linguistica friulana (Aclif) e dello Sportello linguistico
regionale".
ACON/DB-red
Il direttore dell'Arlef, William Cisilino
L'intervento del vicedirettore Autonomie locali della Regione, Salvatore Campo, al centro tra Linda Picco e William Cisilino, direttore dell'Arlef
Gerardo Tolentino (coordinamento regionale Lingue minoritarie)
Linda Picco (Sportello regionale lingua friulana)