PRESSACCO. PRES CR FVG: FU UOMO VISIONARIO, ANTICIPAVA LA VITA
(ACON) Sedegliano, 17 set - Sacerdote, compositore, letterato,
storico della musica, della liturgia e delle tradizioni popolari
antiche: non sono mai abbastanza le parole per descrivere don
Gilberto Pressacco, di cui la sua Sedegliano e tutto il Medio
Friuli oggi ricordano i 25 anni dalla morte, improvvisa, a due
giorni da quello che sarebbe stato il suo cinquantaduesimo
compleanno. E lo hanno fatto chiamando a raccolta, in municipio,
chi ha avuto l'onere e l'onore di frequentarlo e può raccontare
gli aspetti più intimi, divertenti e profondi della sua vita.
Ciò che è stato sottolineato dall'amministrazione comunale è
stato l'impegno di Pressacco: quello per la sua terra, le sue
radici, che conservano storia e valori del Friuli. Ha fatto in
modo che fosse amata e custodita. Schiettezza, onestà, rifiuto
dei compromessi: questi gli epiteti che, è stato detto, lo
distinguono e lo accomunano alla terra contadina friulana.
E all'appuntamento non poteva mancare il Consiglio regionale, il
cui presidente ha rammentato i momenti che da giovane da poco
entrato in politica condivise con don Pressacco. Di lui ha detto
che fu un visionario, guardava avanti, riusciva a percepire la
vita anticipandola, con avvenimenti da lui predetti e che poi si
sono avverati, come la crisi della politica.
Dai ricordi del fratello Vittorino è invece emersa la figura di
un ragazzo prima e di un uomo poi che non avrebbe mai lasciato
l'amato Friuli, lui che da piccolo era molto riservato e
taciturno nessuno avrebbe detto che la sua vita sarebbe stata
quella di un uomo laureato, che pubblicava libri, maestro di
cappella. La grande svolta, a quanto pare, avvenne all'età di 17
anni, per non fermarsi se non di fronte a un male troppo veloce.
Mentre il fratello Pasquale, anche lui prete, raccolse le sue
ultime parole e gli diede l'estrema unzione all'alba del 17
settembre 1997.
Dai nipoti gli aneddoti di quando lo zio arrivava con l'auto
vecchia e con un finestrino sigillato con lo scotch, i sedili
pieni di libri su cui da ragazzini dovevano sedersi per prendere
posto, i rimbotti e l'obbligo di dover mangiare la minestra di
verdure anche se a loro non piaceva.
A seguire, i tanti amarcord di chi con lui condivise gli anni
della scuola elementare e delle medie, dell'infanzia e
dell'adolescenza, quelli del seminario e della vita in diocesi,
quelli spesi per aiutare gli altri e insegnare la teologia e la
fede.
E poi i racconti di chi lo ha frequentato come fosse un secondo
padre, chi invece ne ha conosciuti la rusticità, la potente
personalità, le animate discussioni, l'abilità nel coinvolgere i
più giovani, la sua fama di uomo impietoso e severo, che non
faceva sconti a nessuno eppure sempre pronto a dispensare
consigli e idee, le tante sigarette e altrettanti caffè scroccati
a coloro con cui si soffermava a discutere, anzi a litigare,
perché non eri suo amico se non litigavi con lui, è stato detto.
Non ultimo è emerso il suo concetto di identità plurale, che lo
portò anche a viaggiare per cercare le identità degli altri e
dialogare con esse.
Ecco che al presidente dell'Assemblea legislativa regionale è
andato il compito di tirare le fila di quanto narrato dalle 20
persone che lo hanno preceduto sulla vita di don Gilberto, che è
emerso come un adulto credibile, un uomo capace di cambiare passo
che attitudine dei grandi, un ricercatore puntiglioso e che ha
saputo andare avanti nonostante le critiche, il vero maestro che
è tale se ha una scuola e dei discepoli, che non era geloso del
suo sapere, amava i giovani e sapeva stare con loro, insegnava e
si relazionava secondo un proprio metodo e sapeva farti sentire
speciale, lui esigente con sé stesso e con chi pensava avesse un
talento. Le istituzioni friulane lo ricordano poco rispetto a
quanto ha dato alla sua terra, peccato per loro, ha concluso il
presidente facendo proprie le parole di chi ha definito Pressacco
un problema ancora aperto.
ACON/RED