ELEZIONI. OK FINALE AULA A DDL SU TERZO MANDATO SINDACI E BALLOTTAGGI
Centrodestra compatto, netto no da Opposizioni. Bocciata proposta
Massolino su linguaggio di genere
(ACON) Trieste, 21 mar - Clima politicamente acceso anche nella
seconda e ultima tranche di discussione sul ddl 15 in Consiglio
regionale, conclusa con la prevista approvazione a maggioranza
(Centrodestra a favore, tutte le Opposizioni contrarie) della
norma che modifica alcuni aspetti della legge elettorale per i
Comuni. Vengono introdotte in particolare la possibilità di terzo
mandato per i sindaci dei territori fino a 15mila abitanti e la
nuova regola sui ballottaggi, d'ora in poi possibili solo se
nessun candidato raggiungerà il 40% dei voti al primo turno.
Nonostante i due articoli-chiave del ddl portato in Aula
dall'assessore Pierpaolo Roberti fossero già stati approvati nel
tardo pomeriggio di ieri, i consiglieri si sono accalorati su due
proposte presentate dai gruppi di minoranza. Giulia Massolino
(Patto-Civica) ha provato a introdurre nel testo il linguaggio di
genere, che prevede ad esempio di sostituire il termine
"candidato" con "persona candidata".
"Garantire questa concordanza è un aspetto importante", ha
sottolineato la prima firmataria, supportata dalla dem Manuela
Celotti (che ha citato l'opinione favorevole dell'Accademia della
Crusca), da Laura Fasiolo del Pd che ha invocato "un salto
culturale", dalla pentastellata Rosaria Capozzi, da Furio Honsell
(Open) che ha fatto riferimento al linguista De Mauro e dal
capogruppo del Patto-Civica, Massimo Moretuzzo, convinto che "non
si tratti di una questione superficiale". A tutti loro ha
replicato Alessandro Basso (FdI), che considera "strumentali e
inutili queste posizioni", convinto che si tratti "di battaglie
che non portano a niente. Indipendentemente dalle quote rosa - ha
aggiunto Basso - ci sono donne che si candidano e prendono
migliaia di voti o che ricoprono ruoli apicali in molti settori".
Ampio dibattito anche sull'articolo 10 ante proposto da Francesco
Russo (Pd). L'esponente dem ha chiesto di aggiungere al ddl una
norma che sancisca l'incompatibilità di sindaci e assessori in
carica con i ruoli di parlamentare europeo, membro del Governo,
deputato e senatore: "Chi fa l'assessore o il sindaco è impegnato
a tempo pieno per la sua comunità". L'emendamento, sottoscritto
da 10 consiglieri del Pd, è stato supportato dal capogruppo dem
Diego Moretti ("Come fa un parlamentare a mantenere l'incarico di
sindaco o di assessore?), dai colleghi di gruppo Roberto Cosolini
e Nicola Conficoni, dal capogruppo del Patto-Civica Massimo
Moretuzzo e dal suo collega Enrico Bullian, da Furio Honsell di
Open e, nel merito, anche da Serena Pellegrino di Avs.
A fare da controcanto, invece, è stato per primo Markus Maurmair
(FdI), che leggendo in Aula alcuni articoli dello statuto del Pd
ha accusato il gruppo dem di non rispettarne le indicazioni sulle
incompatibilità, facendo riferimento al doppio incarico di
consigliere regionale e comunale. Secondo Maurmair la proposta di
Russo "è strumentale e contra-personam, in quanto tutti sappiamo
che ci sono esponenti con ruoli amministrativi che intendono
candidarsi alle Europee", riferimento implicito all'attuale
sindaco di Pordenone. Una tesi sottoscritta da Igor Treleani
(FdI) e Simone Polesello (Fp). Il "no" definitivo del
Centrodestra è stato poi sancito dall'assessore Roberti, che ha
ricordato come "la normativa sulle incompatibilità con il
Parlamento Europeo esiste già, e non spetta certo alla Regione
Fvg modificarla: noi possiamo solo normare le incompatibilità tra
Regione ed enti locali del Fvg".
Disponibilità è stata invece espressa da Roberti a valutare
un'altra proposta del Pd, avanzata dal capogruppo Moretti, che
suggeriva di venire incontro a sindaci e assessori che non
svolgono il loro impegno amministrativo a tempo pieno,
raddoppiando le ore di permesso retribuito e stanziando uno
specifico fondo. L'esponente dem ha dunque accolto l'invito
dell'assessore a ritirare il suo testo.
Le dichiarazioni di voto finali sul ddl 15 hanno ribadito le
posizioni espresse nelle due giornate d'Aula. Honsell si è detto
"assolutamente non convinto dalle motivazioni addotte dal
Centrodestra", Marco Putto (Patto-Civica) è convinto che "con la
nuova norma sul 40% le ammucchiate ci saranno comunque, al primo
turno di voto", mentre Russo ha parlato di "ddl sgraziato, in
quanto cambia una legge che in Italia funziona da 30 anni".
"Sono tutte disposizioni di buon senso", ha replicato il
capogruppo della Lega, Antonio Calligaris, mentre Andrea Cabibbo
(FI), citando il presidente dell'Anci, Antonio Decaro, esponente
dem favorevole al terzo mandato dei sindaci, è convinto che "si
sia persa l'occasione di trovare punti di contatto".
Dello stesso parere Mauro Di Bert, capogruppo di Fp ("Da parte
delle Opposizioni c'è stata totale chiusura a ogni dialogo"),
mentre Claudio Giacomelli, capogruppo di FdI, ha accennato "al
convitato di pietra di questa discussione: il terzo mandato per i
presidenti delle Regioni", annunciando che "il mio partito si
prenderà tutto il tempo necessario per riflettere assieme ai suoi
alleati sulla linea da prendere".
Prima del voto finale, il governatore Massimiliano Fedriga ha
ribadito la posizione della coalizione di governo: "Questa non è
una legge perfetta, ma cerca di correggere distorsioni che
esistono. Agiremo - ha annunciato - anche sulla legge elettorale
regionale a proposito della rappresentatività in Consiglio
regionale, dove oggi c'è di fatto un premio di opposizione e non
di maggioranza".
ACON/FA-fc