FINE VITA. CABIBBO (FI): NO A FORZATURE, ISTITUZIONI SCELGANO LA CURA
(ACON) Trieste, 19 giu - "Se un rappresentante dello Stato,
vigile del fuoco o agente delle forze dell'ordine, interviene per
impedire un gesto estremo da parte di una persona che si trova in
una condizione di grande sofferenza, fisica o psicologica, c'è
una sola persona disposta a parlare di abuso di potere o azione
liberticida o illegittima? In altre parole, c'è qualcuno che può
mettere in discussione il dovere costituzionale di solidarietà,
elemento fondamentale dell'operato delle istituzioni pubbliche?
Ribadisco con convinzione l'auspicio che le istituzioni si
pongano sempre dalla parte della vita, anche difficile, anche
complicata e contro la morte facile e l'annullamento della
dignità umana. Scegliendo con convinzione la cura, non
l'abbandono".
Così in una nota Andrea Cabibbo, capogruppo di Forza Italia in
Consiglio regionale, nel ribadire "l'incompetenza della Regione a
legiferare in materia di fine vita, come peraltro già affermato
chiaramente dall'Avvocatura generale dello Stato e ribadito dalla
pregiudiziale di oggi nell'aula del Consiglio regionale. I
proponenti continuano a combattere una battaglia strumentale
sulla pelle dei sofferenti, ben sapendo che su questo tema la
competenza è solo del legislatore nazionale. Si respingono al
mittente le accuse dei proponenti secondo i quali la Maggioranza
non voglia esprimersi nel merito: la pregiudiziale non è un
escamotage e il Consiglio regionale aveva già respinto la mozione
del collega Bullian che aveva il medesimo oggetto della proposta
di legge. Successivamente, in Terza commissione, dopo un
approfondito esame, la maggioranza si è pronunciata in modo
compatto bocciando la proposta approdata oggi in Consiglio
regionale".
Secondo Cabibbo "va sgomberato il campo dal grande equivoco sul
quale si basa questa proposta di legge: la sentenza n. 242/2019
della Corte Costituzionale non riconosce alcun "diritto al
suicidio", ma solamente depenalizza - in presenza di alcuni
precisi requisiti e quindi in ipotesi eccezionali - la condotta
di chi aiuta medicalmente a suicidarsi, ribadendo la centralità
del diritto alla vita e l'irrinunciabilità della sua tutela
penale, anche dinnanzi alla richiesta di morte del suo titolare".
Ancora il capogruppo forzista: "Legiferare su questi temi,
dunque, significa intervenire sulla titolarità e sull'esercizio
di diritti fondamentali, soggetti in realtà a competenza
legislativa esclusiva dello Stato, trattandosi di norme che
incidono su aspetti essenziali dell'integrità della persona e
dell'autodeterminazione terapeutica, che devono essere trattati
in modo omogeneo in tutto il Paese".
Cabibbo ribadisce che l'obiettivo, da parte del legislatore,
dovrebbe essere "eliminare la sofferenza, non accelerare il
processo crepuscolare del sofferente cui, invece, la sanità
pubblica ha il dovere di garantire ogni supporto, anche
psicologico, mettendo al centro del rapporto tra medico e
paziente un'irrinunciabile alleanza terapeutica. La scelta tra
cura e abbandono è un bivio cui le istituzioni non possono
sfuggire e che si presenta ogni volta che si approva una legge o
che si costituisce un servizio pubblico. Se il servizio sanitario
affermasse che di fronte a un'invalidità o una malattia
incurabile è un bene procurarsi la morte, direbbe ad alta voce
che la vita fragile non ha senso, che va abbandonata, che va
scartata. Ognuno giudichi - conclude l'esponente forzista - se
ritiene più umano e ragionevole ricevere per sé e per i propri
cari, anche dalle istituzioni pubbliche, cura o abbandono".
ACON/COM/fa