Nella ricostruzione-rinascita del Friuli colpito dal terremoto sorprende soprattutto l'intraprendenza
della Regione, la capacità di un ente pubblico di risolvere – nell'arco di dieci anni e senza riferimenti
di sorta – i difficili momenti che il processo di risanamento presentò. Vanno inoltre sottolineati il
coraggio e la costanza con cui l'Amministrazione resse gli assalti della contro-informazione. Comelli,
Presidente della Regione, dovette reagire in termini di legge alle (insensate) accuse di "ricostruzione tradita"
che il "Corriere della Sera" proferiva già nel luglio 1976. Le imputazioni di indolenza, incapacità
e peggio che la Segreteria Generale Straordinaria dovette quotidianamente incassare minacciarono la capacità
operativa di una struttura che per essere pubblica – secondo i suoi detrattori – avrebbe dovuto necessariamente
fallire nel suo compito. La sindrome del Belice, i drammi dell'emergenza e i "ritardi" nella fase dei
prefabbricati potrebbero in parte giustificare questi atteggiamenti di assoluta sfiducia e critica radicale,
perchè, se da una parte costituirono un oggettivo inciampo alla ripresa per l'aggressività con cui si espressero,
dall'altra dimostrarono pur sempre le inquietudini e le apprensioni che accompagnarono il processo di rinascita.
Ripercorrere anche da queste prospettive interventi e iniziative della Segreteria Generale Straordinaria è
importante perchè, nel mentre venivano discusse e risolte le difficoltà di singoli momenti della ricostruzione,
maturava la coscienza che alcune soluzioni avrebbero potuto fornire elementi di valore generale, tali da
trascendere il caso specifico del Friuli e permettere di superare altre simili catastrofi. Il compito della
Regione, lasciando da parte la creazione della Protezione civile, fu – anche sotto questo aspetto –
sostanzialmente assolto e più volte riconosciuto a livello internazionale.
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